Fare l'imprenditore in Italia oggi

Fare l’imprenditore in Italia oggi

Intervista a Bernhard Scholz, Presidente Cdo

A cura di Luigi Torriani

Bernhard Scholz presidente Compagnia delle OpereBERNHARD SCHOLZ, Giornalista e consulente aziendale, Bernhard Scholz è il Presidente della Cdo – Compagnia delle Opere, la grande associazione imprenditoriale con sede centrale a Milano e 30.000 imprese associate, profit e non profit.

Con una battuta potremmo dire che riuscire a fare impresa in Italia oggi è davvero una grande “impresa”. Il costo del lavoro, il costo della burocrazia e il peso della pressione fiscale sono freni tristemente noti alla competitività delle aziende italiane. Ma quali sono le ragioni più profonde della crisi e quale cambiamento sul piano culturale e della visione dell’economia e del mondo potrebbe essere alla base di una rinascita?

Fin dall’inizio della crisi, la Cdo ha cercato di riflettere sulle cause culturali e sulle conseguenze politico-economiche delle difficoltà che attraversano quello che oggi, grazie alla preziosa dicitura di Papa Francesco, definiamo un cambiamento d’epoca. I fattori macro economici, a grandissime linee, riguardano gli effetti in larga parte imprevisti della globalizzazione, quelli di un’impostazione liberista che dal 2007 ha fatto esplodere le contraddizioni del mercato finanziario e quelli di un indebitamento pubblico (e in parte privato) che ha posto le basi per un conflitto tra le generazioni. Per ciascuno di questi fenomeni abbiamo, assieme ad altri, messo l’accento sul problema antropologico che sta alla base.

 

In che cosa consiste dunque questa questione antropologica?

È un atteggiamento che prende forma nel “volere tutto subito” a prescindere dal bene degli altri e nell’istituzionalizzazione di uno sfrenato individualismo. È una negazione dell’originale interdipendenza fra gli uomini, che diventa ricerca del profitto e del potere ad ogni costo. Ma l’uomo non desidera questo, né per sé, né per gli altri. I problemi politici ed economici di oggi nascono, al fondo, da questo tradimento del desiderio umano e delle sue esigenze originali di verità e giustizia, che sfociano nell’illusione di una vita piena e rassicurante che, però, si rivela sempre più fragile, arida e incapace di dare speranza.

 

Quali sono, in questo quadro, le attività e la mission della Cdo?

A noi interessa promuovere un dialogo aperto e sincero per aiutarci a comprendere e affrontare la vera natura dei problemi che toccano la vita sociale ed economica del Paese. Per poter trovare risposte che indirizzino a una crescita socialmente ed ecologicamente sostenibile. Dunque orientata al bene di tutti. Si tratta di questioni decisive e al tempo stesso mutevoli, quali l’introduzione dei giovani al lavoro, l’impatto della trasformazione digitale nella vita delle imprese e della società, le nuove modalità per condividere e accedere a conoscenze e competenze, il nodo della produttività, il passaggio generazionale, lo sviluppo del sistema “medie imprese” come forza trainante dell’economia nazionale, per fare alcuni esempi.

 

Globalizzazione e fenomeni migratori: per come si stanno delineando in questi ultimi anni sono da vedersi più come un’opportunità in termini economici per l’Italia o più come una minaccia?

Noi cerchiamo sempre di ricordarci che trasformare i dati di fatto in un nemico non aiuta a trovare soluzioni intelligenti. All’inizio del nuovo millennio si è pensato che la causa dei problemi connessi al concetto di globalizzazione fosse la crescita economica dei Paesi emergenti che facevano il loro ingresso nei mercati internazionali. Oscillando fra linee più difensive e linee più aperte, i tradizionali Paesi avanzati hanno cominciato con fatica a fare i conti, a seconda dei casi, con nuovi competitor o partner. Oggi sappiamo che solo una collaborazione con regole certe può coinvolgere questi Paesi in relazioni internazionali che siano opportunità di sviluppo per tutti.

 

Si sente spesso dire che in Italia ci sarebbe bisogno di un “ricambio generazionale”. D’altro canto sono molti gli imprenditori e i manager italiani over 65 già formalmente in pensione ma di fatto ancora attivi e ancora con capacità e voglia di rimanere “in pista”. Cosa possiamo dire guardando le cose dal loro punto di vista? Che ruolo possono avere nel mondo del lavoro e nelle imprese italiane gli over 65 che sono ancora “in forma” e che non vogliono vivere da pensionati?

Lo sviluppo delle imprese deve portare a un inserimento molto più consistente dei giovani nel mondo del lavoro ma, per fare questo, le competenze di chi è senior sono indispensabili. Occorre ricucire lo strappo tra le generazioni che è in atto a livello sociale e le imprese hanno un ruolo decisivo in questa dinamica. Voglio citare l’esempio di una nota azienda italiana di moda che, per tramandare i segreti dell’arte sartoriale, ha creato una scuola dove gli insegnanti sono gli artigiani che hanno raggiunto una certa età. Non c’è una ricetta pronta, ma un principio: più esperienza possiedo, più devo occuparmi di introdurre i giovani anche in posizioni di responsabilità. Il passaggio generazionale, a qualsiasi livello, deve essere affrontato come un compito essenziale, non può essere né improvvisato, né rimandato in continuazione. Da una certa età in su non si dovrebbero più occupare spazi, ma concentrarsi a creare opportunità.



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