Le banche in Italia. Come si lavorava negli anni Ottanta, come si lavora oggi

Le banche in Italia. Come si lavorava negli anni Ottanta, come si lavora oggi

Intervista a Renato Castelli

A cura di Luigi Torriani

RENATO CASTELLI – Classe 1949, dopo un primo impiego presso un agente di cambio a Milano, iniziato prima ancora
del conseguimento del diploma di Ragioneria, nel 1970 viene assunto da quello che all’epoca si
chiamava Banco di Roma (poi divenuto Banca di Roma e successivamente confluito in Unicredit);
nei primi anni ’90 è stato promosso funzionario e in seguito direttore di filiale, incarico che ha poi
ricoperto fino alla pensione.

Come si lavorava in banca negli anni Ottanta? Quali caratteristiche aveva la banca, come luogo
fisico e dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro?

Uno dei più grandi cambiamenti attraversati dal sistema bancario negli anni Ottanta è stato il
passaggio alla cosiddetta banca aperta, nella quale il cliente non era più confinato al di là di un
bancone, ma poteva accomodarsi direttamente a una scrivania insieme all’impiegato, a beneficio
non solo della riservatezza ma anche di quella che oggi definiremmo customer care. Già nel 1980
fui scelto dal Banco di Roma, in anticipo sui tempi in merito a questa tendenza, per partecipare a un
corso di formazione tenuto a Caserta (allora centro scuola della banca), finalizzato ad aprire una
nuova filiale a Lecco secondo il nuovo sistema. Prima di questo cambiamento, la pratica del cliente
doveva passare dal front office (bancone) al back office per poi eventualmente finire nelle mani del
cassiere; in seguito, invece, lo stesso impiegato poteva assolvere alle prime due funzioni e in certi
casi anche alla terza (laddove fosse abilitato a farlo e l’organizzazione della filiale lo consentisse).
Per poter funzionare, la nuova procedura dipendeva quindi da due aspetti tra loro collegati: da una
parte una formazione specifica del personale, che richiedeva un importante investimento da parte
dell’azienda, dall’altra il ricorso sempre più massiccio ai sistemi informatici che allora
cominciavano a diffondersi. Una cosa importante da sottolineare è che, a distanza di ormai
quarant’anni, questo non è divenuto uno standard per tutte le agenzie, anche perché la sua maggiore
o minore funzionalità dipende strettamente dallo specifico contesto.

Come è cambiato il lavoro nelle banche a seguito dei processi di informatizzazione e
digitalizzazione, negli anni Ottanta e Novanta?

Durante i primi anni del mio lavoro in banca, il sistema in uso prevedeva che i dati e le operazioni
del cliente fossero registrati su una scheda cartacea, venendo poi inviati ogni sera tramite telebanda
al centro elettronico (inizialmente ubicato solo a Roma, in una palazzina dedicata alla lavorazione
dei dati e all’archivio); il giorno dopo, le filiali ricevevano tramite corriere i tabulati con le posizioni
aggiornate dei clienti. I primi sistemi informatici arrivati nelle filiali erano preimpostati per svolgere
unicamente le transazioni di base, non solo per i limiti della tecnologia ma anche per la possibilità
di essere utilizzati più facilmente dal personale: questo tipo di approccio all’informatizzazione è
proseguito anche con l’introduzione di sistemi più complessi. Dal punto di vista dell’operatività
interna, ho già accennato a come il passaggio al sistema della banca aperta fosse avvenuto anche
grazie a un accesso più immediato ai dati del cliente; un altro cambiamento epocale, che oggi si
rischierebbe di dare per scontato, è stata l’introduzione della videoscrittura al posto delle macchine
da scrivere (prima meccaniche e poi elettroniche); infine, vorrei ricordare il sistema intranet di
comunicazione interna. Sempre sul tema del legame tra gestione operativa e sistemi informatici, un
altro momento di svolta è stata l’applicazione degli accordi del Comitato di Basilea (1988), che
ovviamente ha richiesto l’adozione di nuovi software: si trattava di una rivoluzione nel metodo
dell’erogazione del credito e della gestione del rischio, poi rinnovatasi nel tempo tramite accordi
successivi (Basilea II e Basilea III); a livello pratico, la possibilità di concedere o meno un
finanziamento non dipendeva più solo dai dati del cliente (che dovevano soddisfare i requisiti
previsti dal programma), ma anche dalla situazione patrimoniale della banca che erogava quel
credito.

Da persona con una grande esperienza nel mondo delle banche, e da attento osservatore, che
considerazioni puoi fare su come si lavora in banca oggi?

Al di là delle differenti procedure e tecnologie, nel corso degli anni ho potuto constatare un grande
cambiamento nel ruolo e nelle funzioni del personale, in particolare per quanto riguarda la figura
del responsabile. Ad esempio, la già citata introduzione di Basilea ha ridotto la componente
discrezionale nel lavoro del direttore, aiutandolo nella gestione del rischio; l’affinamento
progressivo di questo strumento ha cercato inoltre di compensare la minore flessibilità nella
valutazione del potenziale del cliente. D’altro canto, è cambiata anche la figura del cliente stesso,
divenuto via via più informato ed esigente; purtroppo, l’approccio mediatico ai temi finanziari
finisce talvolta per essere superficiale oppure ideologico, generando aspettative irrealistiche in una
parte della clientela.

Il Covid ha avuto certamente un impatto importante sul modo di lavorare nelle banche, e sulle
modalità di comunicazione con i clienti. A questo proposito quali sono gli aspetti che ti hanno
colpito maggiormente?

Da una parte, le banche si sono adeguate alle disposizioni di legge, continuando a garantire i servizi
essenziali anche nei momenti peggiori della pandemia; dall’altra, analogamente a quanto avvenuto
in altri settori, i clienti sono stati incentivati ad orientarsi sempre di più verso l’operatività online.
Riguardo a questo secondo aspetto, che indubbiamente rappresenta la principale prospettiva di
sviluppo futuro, credo che meriti di essere segnalata la rapida implementazione di ulteriori livelli di
sicurezza, anche per contrastare il generale incremento delle truffe telematiche.

Per concludere, quali sono le principali tendenze in atto che stanno modificando il modo di
operare delle banche?

Oltre ai cambiamenti a cui ho già accennato, è importante notare come la tradizionale funzione di
intermediazione del credito stia gradualmente venendo affiancata da altre strategie, che mirano a
compensarne la perdita di redditività: ad esempio, la filiale è diventata sempre di più un centro di
erogazione di servizi, anche grazie ad accordi con partner commerciali per proporne i prodotti alla
propria clientela. Questa tendenza ha certamente modificato anche il modo di percepire la banca da
parte del cliente stesso.



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