Intervista a Enrico Raoul Carnaghi – Direttore amministrativo e socio Tig
TIG (Tessuti Indemagliabili Greggi) – Fondata nel 1995, con sede centrale a Busto Arsizio, Tig è un’azienda specializzata nella produzione e commercializzazione di tessuti indemagliabili in nylon e poliestere.
Nei primi anni di vita la Tig acquistava i filati e si avvaleva di terzisti per la realizzazione dei tessuti. L’azienda è poi cresciuta ed è diventata totalmente autosufficiente sviluppando al proprio interno i prodotti. Nel 2001 avete aperto la sede di Busto Arsizio e nel 2008 avete creato una società di produzione in Ungheria, a Turje, vicino al lago Balaton. Quali sono le caratteristiche delle due sedi? Che cosa avviene nell’unità produttiva ungherese e che cosa avviene a Busto Arsizio?
Nasciamo in una situazione particolare da un’idea di mio padre Carlo Carnaghi e del suo socio Giovanni Reina. Inizialmente dunque poggiavamo sui terzisti, usavamo i loro macchinari, poi siamo partiti con un’avventura imprenditoriale totalmente autonoma, con nostri stabilimenti produttivi e nostri macchinari, sotto la gestione della mia famiglia (e innanzitutto di mio padre Carlo, che purtroppo è mancato tre anni fa) e della famiglia Reina, in particolare del sig. Giovanni Reina, figura storica del tessile lombardo, già dirigente per molti anni in Miti. Nel 2001 abbiamo aperto lo stabilimento di Busto Arsizio per soddisfare le esigenze di un mercato sempre più frenetico e veloce. La caratteristica principale dell’impianto italiano è la modernità degli impianti e l’orientamento al servizio verso il cliente. La produzione ungherese che abbiamo acquisito nel 2008 era inizialmente speculare a quella italiana, anche se con una propensione verso prodotti più standardizzati e meno complessi, nel tempo abbiamo implementato un impianto di orditura puntando più sulla verticalizzazione della nostra struttura produttiva. Oggi in Ungheria l’orditura ha prevalenza sulla tessitura, mentre in Italia facciamo sviluppo dei nuovi prodotti e siamo principalmente orientati alla tessitura e al servizio. Per noi sono egualmente importanti entrambi i centri produttivi, e certamente andremo avanti a lavorare sia in Italia sia in Ungheria.
Quali sono i vostri punti di forza e quali sono le peculiarità e i requisiti che consentono a Tig – nonostante la crisi generale del mercato – di essere ancora oggi una realtà industriale competitiva?
Negli ultimi anni c’è stato un mutamento epocale nel nostro settore, una vera e propria rivoluzione che è legata all’effetto congiunto di tre fattori: la crisi, la globalizzazione e il cambiamento del mercato. In estrema sintesi: oggi si sono velocizzati drasticamente i tempi di consegna e sono diminuiti pesantemente i quantitativi ordinati. La velocità e l’efficienza sono sempre stati dei nostri punti di forza e riusciamo perfettamente ad adattarci ai ritmi crescenti. Il problema è che la crisi e la globalizzazione hanno portato a dei volumi completamente diversi. C’è stata un’invasione di prodotti di importazione (non il tessuto, ma già il prodotto successivo), per cui molti nostri clienti (che comprano da noi il tessuto e lo lavorano) o sono falliti o si sono convertiti in commerciali e rivenditori puri. Faccio un esempio: chi prima comprava da noi il tessuto per fare dei capi di abbigliamento oggi non esiste più oppure ha cambiato mestiere e vende direttamente sotto un suo marchio senza produrre più internamente. Chi tra i nostri clienti standard esiste ancora compra con modalità differenti rispetto al passato. I singoli ordinativi presentano quantità minori, sia perché non si vuole rischiare sia perché negli ultimi anni si è diffusa anche nel B2B una mentalità “da discount”. Fino a qualche tempo fa se i quantitativi ordinati erano esigui semplicemente rifiutavamo l’ordine, ma oggi non puoi permetterti di rifiutarne nessuno, quello che arriva lo prendi, per cui si lavora male, si lavora di più e si guadagna di meno. Inevitabilmente in questo scenario ci siamo ridimensionati, abbiamo subito il colpo ma l’abbiamo parato, abbiamo sempre reinvestito e siamo riusciti a resistere. Finché a un certo punto ci siamo seduti intorno a un tavolo e ci siamo detti: se vogliamo andare avanti dobbiamo fare delle ricerche di mercato e capire come e dove possiamo diversificare e individuare nuovi filoni interessanti e nuovi business. Dopo un’attenta riflessione abbiamo preso due decisioni: produrre non più solo il greggio ma anche il finito, e buttarci su nuovi settori. La decisione di lavorare anche con i tessuti finiti è stata una conseguenza delle richieste da parte dei clienti. Ovviamente non vendiamo sul pronto e con cartelle colore ma lavoriamo solo su volumi importanti ed ovviamente con clienti di un certo rilievo che possano garantire questi volumi. Per quanto riguarda i nuovi settori, siamo costantemente alla ricerca di nuove applicazioni. Alcuni nuovi settori che abbiamo trovato non sono direttamente collegati con il tessile tradizionale e vanno dal geotessile al trasporto ferroviario alla bioagricoltura. Ci sono molti ambiti dove fino a qualche anno fa non si usavano i tessuti ma oggi sì. Anche all’interno dei pali della luce oggi c’è del tessuto (un tempo era solo ferro), nei nuovi prefabbricati si utilizzano tessuti per dare più flessibilità e resistenza, hanno anche funzioni antisismiche, ci sono tessuti antiumidità, tessuti per isolare e per coibentare, ci sono tessuti in molti oggetti di uso comune, dai telefonini alle automobili, e in moltissime altre situazioni nelle quali comunemente non si penserebbe all’utilizzo di tessuti. Oggi lavoriamo per esempio anche nel settore del trasporto ferroviario, creando tessuti che vengono utilizzati nelle guarnizioni per i freni. E un settore nel quale stiamo investendo molto e cominciamo a raccogliere i primi frutti è quello della bioagricoltura e dell’agrotessile. Si parla in questo caso di tessuti particolari che difendono le colture da insetti e parassiti e dagli agenti atmosferici. La produzione di questi tessuti speciali comporta costosi test di laboratorio e tempi lunghi prima di poter commercializzare il prodotto, ma la richiesta è in crescita, la concorrenza è poca e il business è molto interessante. Stiamo già lavorando su questo filone (tra i nostri clienti abbiamo – per esempio – il gruppo Arrigoni Spa, azienda comasca che è leader europea nelle applicazioni tessili hi-tech per l’agricoltura), e intendiamo nei prossimi anni potenziare sempre di più la nostra produzione. Il nostro punto di forza è dunque – oltre alla velocità – la flessibilità, l’attenzione alle novità e la ricerca continua di nuovi settori. Oggi io parlo con tutti, mi propongo, frequento fiere in ogni ambito, faccio sapere che ci siamo e cerco ogni giorno nuove opportunità. Oggi bisogna seminare dappertutto per poter raccogliere poi qualcosa.
Quali sono le aree geografiche e i mercati di sbocco per voi strategici e quali sono i vostri clienti più importanti?
L’Italia è ancora oggi il nostro mercato principale, e all’estero le nostre vendite avvengono comunque per il momento sempre all’interno dei confini europei. Certamente però vengono venduti in tutto il mondo con successo diversi prodotti di nostri clienti, creati a partire dai nostri tessuti. Su chi siano i nostri clienti preferisco non fare nomi.
Come vi muovete dal punto di vista commerciale e del marketing B2B? Oltre ai canali tradizionali puntate o punterete nei prossimi anni anche sul web e sull’e-commerce, o è una strada che non vi interessa?
Io intendo il web come un mezzo per farsi conoscere, come una vetrina, e da questo punto di vista ne riconosco certamente l’importanza e le potenzialità. Un e-commerce, tuttavia, è a mio avviso poco interessante nel nostro settore perché lavoriamo in un B2B con poca concorrenza. Ci sono una decina di aziende in Italia che fanno quello che facciamo noi (cioè i tessuti indemagliabili), e all’interno di questa nicchia ci sono ulteriori nicchie (la Carvico è specializzata nel comparto bagno, la Miti nello sportivo, la Sitip nello sportivo, bagno e industriale, noi nel tecnico, industriale e abbigliamento). Ci conosciamo già tutti molto bene, a volte competiamo altre collaboriamo (anche se permangono delle diffidenze reciproche) ma purtroppo non riusciamo a fare sistema come avviene per esempio in Germania, e in ogni caso non penso che riusciremmo a generare un business particolarmente interessante vendendo online. Anche per un altro motivo: noi abbiamo pochi prodotti standard e lavoriamo quasi totalmente customizzando il prodotto sui singoli clienti, realizzando dei prodotti su misura, per cui sarebbe molto difficile vendere direttamente su una piattaforma e-commerce. È importante invece – questo certamente sì – usare il web in chiave marketing, per potenziare la nostra immagine e per far sapere che ci siamo.