Temporary, Fractional e Part Time Management. Nuove opportunità per le PMI italiane
Intervista a Maurizio Quarta (Managing Partner di Temporary Management & Capital Advisors)
Fino a qualche decennio fa il Temporary Management (d’ora in poi TM) era conosciuto soprattutto nelle aziende più grandi, come un modo per gestire un turnaround aziendale da parte di un manager esterno, navigato, non coinvolto nelle dinamiche – anche emotive – dell’organizzazione e in grado di tagliare il personale da tagliare con il necessario distacco, a fronte di un compenso proporzionale al peso del compito che si assumeva.
Oggi è tutto diverso: i manager a ruolo tradizionale sono percepiti come molto costosi in proporzione al valore che creano, inoltre ci sono più manager disponibili sul mercato del lavoro, a causa dei continui terremoti che scuotono le economie. Un problema che si è trasformato in opportunità per molte piccole e medie imprese, che si sono avvicinate al TM per motivi inediti: sviluppo, internazionalizzazione, transizione tecnologica.
Abbiamo intervistato un esperto in materia, Maurizio Quarta, Managing Partner di Temporary Management & Capital Advisors, una delle società leader nei servizi di Temporary Management in Italia e nel mondo, partner fondatore di un gruppo internazionale che opera oggi in 27 Paesi.
Dal suo osservatorio, quali considera le maggiori problematiche per le PMI di oggi? La pandemia ha accentuato problemi vecchi o ne ha creati anche di nuovi?
Dal rapporto MET 2020 emerge che la sottocapitalizzazione e sottomanagerializzazione delle PMI continuano a essere rilevanti e influenzano i processi in atto. Il Covid sta incidendo non solo sulle imprese più fragili, ma soprattutto su quelle che avevano realizzato progetti di sviluppo senza aver ancora consolidato la propria posizione economica e finanziaria.
Confindustria e CERVED hanno lanciato l’allarme per il possibile default di molte PMI, che pure oggi hanno rating non critici (le classi B, BB e BBB): la probabilità media di default salirebbe infatti dall’attuale 4,9% al 6,8%, e quasi tutti i settori produttivi registrerebbero un deterioramento del merito creditizio.
Dal nostro osservatorio seguiamo un panel internazionale di circa 1.500 TM in 10 dei 27 Paesi dove operiamo come gruppo, più un mini panel tutto italiano di circa 200 manager.
La pandemia ha inizialmente ritardato l’avvio di progetti legati a tematiche di trasformazione e cambiamento: di questi, però, solo una minima parte (meno del 20%) sono stati rinviati sine die o cancellati del tutto. Nessun impatto invece sui progetti legati a tematiche più operative.
È aumentato in generale il ricorso a forme di part time: in buona parte perché allo strumento del temporary si sono affacciate nuove aziende molto piccole e in minima parte perché, specie nella fascia 10-15 milioni, alcuni incarichi full time sono stati trasformati in part time.
Alcuni dei nostri partner (gli USA su tutti) già da tempo utilizzano forme di part time in team per le aziende molto piccole: da vari Paesi, inclusa l’Italia, arrivano segnali di una certa crescita sempre tra le aziende più piccole.
In generale, come si è evoluto il mercato negli ultimi anni?
Negli ultimi anni il mondo delle PMI è ricorso in maniera crescente al TM per portare in casa competenze di alto livello, non altrimenti o difficilmente disponibili, a costi accessibili, con l’obiettivo di accrescere le capacità delle persone già operanti in azienda.
L’azione “culturale” e di moral suasion svolta dall’intero ecosistema industriale ha fatto sì che anche imprese molto piccole (con fatturati inferiori ai 5 milioni) abbiano cominciato ad apprezzare soluzioni di tipo temporary, ma in modalità per loro più sostenibili organizzativamente ed economicamente: parliamo del part time management e del fractional management o fractional executive, termini divenuti ormai molto comuni e frequenti tra gli imprenditori e nei media.
Che cosa si intende per fractional / part time management?
Il fractional è in realtà una particolare declinazione del Temporary Management nata sulla spinta della domanda da parte di organizzazioni molto piccole (es. sotto i 5 milioni di fatturato), per le quali il classico temporary manager full time potrebbe risultare ridondante, sia in funzione dei tempi che dei costi. Il fractional manager è impegnato solo alcuni giorni della settimana, o solo per alcuni periodi dell’anno non consecutivi.
Viene spesso utilizzato anche in aziende relativamente più grandi (es. fino a 20 milioni o a partire da 100-150 dipendenti) per alcune funzioni di staff che necessitano di una guida operativa (es. soprattutto Risorse Umane, ma anche Finanza), specie in fasi di crescita e sviluppo accelerato.
Per quali funzioni aziendali le PMI ricorrono al temporary manager?
L’imprenditore tende a vedere e a privilegiare quelle con un più immediato impatto sul conto economico: supply chain, produzione, commerciale, mentre esistono due aree meno “gettonate”, risorse umane e finanza, che potrebbero generare rilevanti risparmi e ritorni di efficienza con interventi a tempo parziale e mirati su specifiche attività. Su queste aree è necessario un grande lavoro di stimolo nei confronti dell’imprenditore: sulla finanza, per fargli superare l’ostacolo, soprattutto psicologico, legato al fatto di dare accesso ai propri conti – e non tocchiamo il tasto delicato dei rapporti con gli altri professionisti presenti in azienda -, e sulle risorse umane per fargli comprendere il valore economico di una loro gestione in chiave professionale.
Temporary e fractional sono adatti anche a progetti di trasformazione digitale nelle PMI?
Uno dei tipici casi di utilizzo del TM riguarda proprio la gestione di progetti complessi, specie nei casi in cui l’azienda non abbia le competenze e le risorse necessarie per farlo. Viene preferito rispetto ad un consulente, per l’approccio orientato al fare e al gestire.
La trasformazione digitale è molto complessa perché deve lavorare contemporaneamente su diverse dimensioni critiche: i processi aziendali, la tecnologia, le persone. Quest’ultimo aspetto è uno dei più delicati, dato che si deve operare con persone non giovanissime che sono per lo più “native analogiche”, specie nelle PMI.
La progettualità digitale – e non solo – è spesso carente nelle nostre PMI strutturalmente sotto-managerializzate, come ben evidenzia il recentissimo libro “Volare Digitale” di Maria Grazia De Angelis, del quale ho scritto con piacere la prefazione, che dedica ampio spazio al TM. In questo contesto, il temporary manager diventa una sorta di e-leader, che gioca un ruolo fondamentale per portare in azienda non solo la capacità progettuale mancante, ma anche le competenze “soft” necessarie a sviluppare nelle persone condivisione, responsabilizzazione, fiducia e senso di appartenenza.
E quando il leader se ne deve andare, come garantire continuità al percorso?
Nelle PMI, specie se molto piccole, può essere oggettivamente difficile fare il passaggio del testimone nel breve termine, per un fatto culturale e perché le persone sono troppo assorbite dal giorno per giorno. Un fractional a lungo termine potrebbe essere una soluzione, affiancandolo con l’ingresso di un giovane da far crescere.
È una cosa che si vede durante il progetto: se c’è una potenziale risorsa interna papabile (per skill, mentalità, ma anche per tempo disponibile con altre attività) … oppure un outsourcing lungo.
Lei ha realizzato insieme ad AIDP e ANDAF, le associazioni dei manager HR e finanziari, una serie di eventi per le PMI, che hanno toccato tra l’altro la relazione tra sistema bancario e TM: che ruolo possono avere le banche nel favorire il cambiamento di cui abbiamo parlato più sopra?
Un tema toccato in tutti gli eventi realizzati finora (Lombardia, Emilia Romagna, Triveneto, Sicilia e Campania) è quello della bancabilità del TM, ovvero alla possibilità da parte delle banche di finanziare questo tipo di interventi in aziende loro clienti (specie PMI), senza dover incorrere nei rischi legati ad un coinvolgimento diretto nella gestione.
In termini chiari ed espliciti: l’obiettivo non è quello di finanziare uno specifico professionista “suggerito” dalla banca stessa, bensì quello di finanziare un progetto, che potrà essere di risanamento o di rilancio, in cui è l’azienda a scegliere il manager con cui gestirlo.
BOX
L’esperienza di Raffaele Belli nel Gruppo Tecno come Chief Digital Officer
Il napoletano Raffaele Belli – preciso, intraprendente, instancabile – ha affiancato per due anni il Gruppo Tecno, azienda lombarda attiva nell’efficientamento e nella gestione energetica. All’inizio Raffaele ha operato come consulente di strategia, poi come temporary manager nel ruolo di Chief Digital Officer, un paio di giorni a settimana. “Il cliente era partito con la richiesta classica di risistemare il sito web: è quella che io definisco la trappola del digital marketing, nel senso di pensare che digitalizzarsi sia la soluzione a tutti i problemi. Insieme all’imprenditore Giovanni Lombardi abbiamo ragionato e capito che prima bisognava reimpostare la strategia aziendale complessiva”
Completata la revisione strategica, Raffaele ha lavorato come temporary manager per attuare, ora sì, la digitalizzazione. “L’azienda aveva una sola figura IT su 100 dipendenti: abbiamo portato la squadra a 25 persone, creando una vera e propria agenzia interna per la comunicazione digitale in tutti i suoi aspetti, sia verso l’esterno che all’interno”.
Fondamentale il ruolo della condivisione del processo con personale, che è stato coinvolto fin dall’inizio con incontri, sondaggi, ascolto e formazione.
Il lavoro il Tecno è riuscito a concludersi poco prima dello scoppio della pandemia: così l’organizzazione non ha avuto difficoltà a gestire lo smart working, essendo già preparata. “Diciamo che la pandemia ci ha fatto applicare subito alla grande la digitalizzazione dei processi…non tutto il male vien per nuocere”.