Čateks. Tessuti tecnici croati dal 1874

Intervista a Davor Sabolic – General Manager Čateks

A cura di Luigi Torriani e Costanza Pol

CATEKS – Importante azienda tessile croata, Čateks è stata fondata nel 1874 e ha sede centrale nella città di Cakovec. È specializzata oggi nella produzione di tessuti tecnici e speciali per il settore militare e per il settore medico-sanitario.

Quest’anno Čateks celebra 145 anni di attività. Quali sono stati i momenti più importanti, i punti di svolta e le sfide più grandi affrontate in tutti questi anni?

Beh, ovviamente ci sono stati molti momenti importanti e tanti punti di svolta in 145 anni di storia. Sicuramente un passaggio significativo è stato il trasferimento della nostra azienda, nel 1961, dal centro della città alla periferia industriale in cui ci troviamo oggi. Questo è stato l’inizio dell’era moderna della nostra azienda, e il punto di partenza per costruire l’intero complesso produttivo industriale che gestiamo oggi. E altri momenti importanti sono stati l’inaugurazione della produzione di PU (pelle sintetica) negli anni ’70 e l’inizio della produzione di confezioni negli anni ’80.

Poi ci sono stati due grandi eventi geopolitici che hanno avuto un impatto rilevante sulla nostra azienda: l’ingresso della Cina nell’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio) nel 2005, che ha cambiato la politica dei prezzi nel settore e ha avuto un impatto negativo sul nostro business; la crisi mondiale del 2008, che ha causato un crollo di tutte le attività commerciali per oltre il 35%. Questi eventi epocali ci hanno insegnato che dobbiamo cambiare la nostra mentalità e le nostre future prospettive di business se vogliamo sopravvivere, e la conseguenza principale è che abbiamo deciso di passare dalla grande produzione di materie prime a produzioni mirate di prodotti tecnici per scopi speciali e basati su ordinativi, in particolare tessuti che si vendono in ambito militare e nel settore medico e sanitario.

 

Avere alle spalle 145 anni di attività e una storia così importante pone maggiori responsabilità e aspettative su di lei e sulla sua squadra?

A livello locale sicuramente sì: l’attenzione delle persone nei nostri confronti è molto forte e sappiamo di avere gli occhi puntati addosso perché quasi tutti nella nostra città hanno avuto in qualche modo a che fare, direttamente o indirettamente, con la nostra azienda. Se guardiamo alla cosa da un punto internazionale avere 145 anni di storia è sicuramente un vantaggio, soprattutto quando ci presentiamo per la prima volta a un nuovo possibile partner o cliente: il fatto di essere un’azienda che è in attività dal 1874 è un ottimo biglietto da visita e una garanzia di serietà. La storia della nostra azienda è un grande patrimonio che cerchiamo di rispettare ogni giorno nel nostro lavoro.

 

Come si è evoluto il business negli anni, e come sono cambiate le aspettative e le esigenze dei clienti?

In passato, quando eravamo ancora nella ex Jugoslavia, era molto più semplice fare affari: non c’erano mai problemi causati dalla mancanza di ordini o dall’esigenza di negoziare al ribasso i prezzi, e le difficoltà erano solo di tipo logistico e legate alla necessità di evadere in tempi rapidi gli ordini. Ma già allora eravamo più un esportatore che intrattiene rapporti commerciali con i Paesi dell’Unione Europea e con gli Stati Uniti che un’azienda che produce per il mercato interno. Oggi il mondo è cambiato: dobbiamo lottare per ogni cliente, usando tutti i vantaggi che abbiamo, in termini di qualità e di servizio, ma cercando anche di essere competitivi sul fronte dei prezzi. Direi che è molto più difficile fare business oggi, perché il mercato è in costante cambiamento e le richieste sono molto più differenziate e complesse rispetto a un tempo. Chi vuole sopravvivere oggi sul mercato deve essere molto più flessibile.

 

I vostri brands di tessuti “Compago” sono oggi dei marchi conosciuti e riconoscibili sui mercati regionali e internazionali. Quando avete deciso di creare il brand Compago e quale marca di Compago ha avuto il maggior successo?

Dopo il 2005, e subito prima della crisi iniziata nel 2008, abbiamo deciso di promuovere i nostri prodotti in modo diverso, creando un marchio specifico – che abbiamo chiamato Compago – diverso e distinto dal nome della nostra azienda. Il brand leader oggi è Compago Defend (tessuti per le uniformi di soldati, militari e poliziotti), ma sta andando bene anche Compago Medical (tessuti per il settore medico-sanitario). Il marchio Compago è sicuramente conosciuto, ma soltanto dagli addetti ai lavori: non vendiamo infatti prodotti finiti ma tessuti, e i nostri clienti sono le aziende che confezionano il prodotto che verrà poi proposto agli utenti finali.

 

Si dice spesso che nel lungo periodo l’unico fattore che assicura la fedeltà dei clienti è la qualità dei prodotti e del servizio. Che tipo di test e quali controlli effettuate sui materiali?

Dato che produciamo principalmente tessuti tecnici e per scopi speciali, i nostri prodotti devono essere obbligatoriamente testati e certificati. Facciamo continui test nel nostro laboratorio, e tutti i nostri prodotti hanno certificati di qualità speciali. Inoltre abbiamo implementato il controllo di qualità del sistema di gestione ISO 9001: 2015 e stiamo implementando il certificato NATO AQAP 2110.

 

Quali sono i mercati più importanti per i vostri prodotti e quali diverse tendenze ci sono tra i diversi Paesi e le diverse aree?

Al momento oltre il 75% dei nostri prodotti è destinato all’export, in tutto il mondo ma principalmente nei paesi dell’Unione Europea. Il nostro mercato più importante è la Germania, seguita da Spagna, Inghilterra, Lituania e Paesi Bassi. Nei Paesi dell’Europa occidentale vendiamo principalmente tessuti e prodotti tessili per il settore medico-sanitario e per la casa, mentre nei Paesi dell’Europa orientale il nostro business è legato soprattutto ai tessuti per il settore militare.

 

Il settore tessile ha attraversato negli ultimi anni dei cambiamenti profondi, in parte legati alla crisi e alla necessità di adattarsi a un mondo globalizzato e in continua trasformazione. Possiamo dire che la crisi nel settore tessile è oggi alle nostre spalle?

Sfortunatamente no, e per il futuro (europeo) possiamo essere ottimisti se parliamo di produzione tessile, mentre ho forti perplessità per quanto riguarda il comparto confezioni e abbigliamento. Credo che per le aziende tessili europee l’unica strada che rimarrà percorribile con successo anche in futuro sarà quella della produzione (di fibre, filati, tessuti e altri prodotti tessili “tecnici”), e sarà fondamentale concentrarsi su produzioni ad alta intensità di capitale, legate più agli investimenti in ricerca e sviluppo e alle conoscenze e competenze che alla quantità di forza lavoro generica. Il comparto delle confezioni e abbigliamento, in Europa, dovrà invece affrontare enormi problemi legati alla mancanza di forza lavoro. I Paesi dell’Unione Europea stanno invecchiando ogni anno e tutte le industrie ad alta intensità di manodopera hanno già oggi delle grandi difficoltà a trovare il personale. Non è soltanto una questione di costi (in Europa il costo del lavoro è più alto rispetto a molti Paesi del resto del mondo): ormai c’è anche il problema di trovare persone che lavorino nel settore.

 

Un altro fattore importante che sta lentamente cambiando il volto dell’industria tessile è la crescita della sensibilità e della consapevolezza sul tema dell’ecologia e della sostenibilità ambientale. Oggi essere “verdi” è un punto di forza per le aziende. Che cosa ne pensa?

Negli ultimi anni la Commissione europea ha puntato molto sulla regolamentazione in senso ecologico della produzione industriale in ambito Ue. Noi rispettiamo le regole e abbiamo dunque adattato la nostra produzione di conseguenza. Ma c’è un problema: produrre in modo eco-sostenibile ha un costo, e molti clienti non sono disposti a pagare prezzi più alti per i prodotti “verdi”. La conseguenza non è difficile da indovinare: le regole ecologiche imposte alle aziende tessili europee finiscono con il favorire chi produce al di fuori dell’Unione Europea, non rispetta nessuna regola in termini di tutela dell’ambiente e può vendere a prezzi inferiori anche sui mercati Ue. Queste situazione va cambiata. Le aziende tessili europee hanno fatto un grande sforzo per le generazioni future, e anche da parte nostra c’è stato e c’è il massimo impegno nella riduzione dell’impatto ambientale, ma le istituzioni politiche devono fare in modo che il prezzo di questa transizione a un’industria più ecologica non sia pagato soltanto dagli imprenditori. Sul mercato bisogna fare innanzitutto profitti, e non può essere lasciato alle aziende il compito di cambiare la coscienza e la mentalità delle persone.

 

Čateks lavora oggi anche sul fronte dell’e-commerce. È un canale importante e in crescita per la vendita dei prodotti?

Direi di sì, ma non siamo contenti delle nuove normative sulla vendita online, che non vanno nella giusta direzione. Le persone non capiscono che non è un compito facile creare un negozio online e seguire tutte le regole, anzi è davvero difficile per le piccole e medie imprese, che spesso non hanno il capitale necessario. Penso che i legislatori dovrebbero allentare un po’ la pressione normativa e fiscale su questo tipo di distribuzione, che potrebbe rappresentare una grande opportunità per le aziende, soprattutto nel settore tessile. Per noi il web-shop è comunque un canale in crescita ed è anche un ottimo strumento di promozione e di test.

 

Competitività, flessibilità, capacità di adattamento, Industria 4.0. Quali saranno i passaggi strategici per Čateks negli anni a venire?

Abbiamo alcuni grandi progetti in corso, in particolare sul fronte della modernizzazione del nostro impianto di produzione tessile e del miglioramento dell’efficienza energetica. Inoltre vogliamo avviare l’implementazione di un nuovo sistema ERP, quello di Datatex, che riteniamo sia la soluzione migliore per la nostra azienda. Vogliamo essere pronti per tutte le sfide che dovremo affrontare in futuro e per far viaggiare i nostri tessuti Compago in tutta l’Europa e nel mondo.



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