Fare il musicista in Italia oggi

Intervista a MARCO FUSI

A cura di Luigi Torriani

MARCO FUSI, Clarinettista, compositore e autore di opere teatrali, ha pubblicato cinque dischi (Moon Waltz, Addio a Lugano, Sulla memoria, La strada della luna, World Chamber Music), e ha collaborato in teatro – tra i tanti – con Moni Ovadia, Ottavia Piccolo, Lidia Ravera, Antonio Lubrano, Ricky Gianco, Renato Sarti, Vittorio Agnoletto.

I musicisti professionisti oggi in Italia sono spesso anche insegnanti di musica o membri di un’orchestra, mentre tu sei un compositore e musicista puro, che suona e compone ma non insegna. Quanto è difficile essere un musicista indipendente nell’attuale contesto italiano e riuscire a farlo come lavoro?

La situazione migliore è quella degli Stati Uniti, dove in genere si separa la carriera di insegnante da quella di esecutore strumentista. Un didatta lega la propria carriera ai risultati che raggiungono gli allievi, mentre per lo strumentista contano soltanto i propri risultati e i propri concerti. Ci sono dei bravi insegnanti che sono anche dei grandi concertisti, può capitare, ma generalmente e idealmente le due professioni dovrebbero essere distinte: o ci si concentra sulla didattica o ci si concentra sulla musica, è difficile fare ai massimi livelli entrambe le cose. Purtroppo la crisi che c’è in Italia nel campo nei concerti rende oggi molto difficile (ma non impossibile) questa distinzione, e costringe molti musicisti – non per scelta, ma per necessità – a lavorare anche come insegnanti. Io da anni faccio esclusivamente il musicista, non è facile ma vado avanti così, e non insegno. Con una sola eccezione: mi capita di dare lezioni private a un livello di alto perfezionamento, che è cosa diversa dalla didattica. Chi vuole prendere qualche lezione da me deve essere già diplomato in conservatorio, e può avere qualche suggerimento, qualche raffinatezza.

 

Internet e musica gratis o low cost (youtube, Spotify, ecc.): secondo te hanno cambiato il mondo della musica in meglio o in peggio?

Sicuramente in peggio, determinando un forte calo nella qualità delle produzioni, che oggi si orientano sempre di più su musica commerciale di basso livello. Penso per esempio al fenomeno dei rapper su youtube, che è emblematico della strada intrapresa dall’industria discografica, una strada lungo la quale prevale la mera ricerca di facili like, senza una seria politica di valorizzazione dei giovani talenti. Un talento necessita di tempi e di risorse per poter crescere, non nasce già adulto. Il giovane Bob Dylan venne sostenuto fortemente dalla casa discografica, che investì su di lui nonostante i risultati iniziali fossero molto deludenti dal punto di vista delle vendite. Un Bob Dylan di oggi non avrebbe la possibilità di emergere, perché ogni genere musicale che richieda un minimo di complessità ha poche speranze di essere apprezzato su piattaforme come youtube e Spotify, che privilegiano chi punta su un ascolto facile e che faccia presa in pochi secondi. Inoltre: i margini di guadagno nella musica online e in streaming sono talmente ristretti che nessuno è più incentivato a dedicare le proprie energie in un settore che difficilmente ti dà da vivere, quindi le persone talentuose e ambiziose non lavorano più nella musica, preferiscono fare altro nella vita. Più web significa meno soldi, e meno soldi girano meno talenti ci sono.

 

I supporti fisici per l’ascolto della musica, ovvero cd e vinili, costituiscono oggi un mercato di nicchia. Resisteranno anche in futuro? E che cosa faresti tu – se fossi un discografico – per provare a rilanciare cd e LP?

Oggi c’è una piccola ripresa nel mercato dei cd e soprattutto dei vinili, ma con numeri francamente troppo esigui perché possa ricrearsi la possibilità di generare le risorse necessarie a una nuova stagione di creatività musicale. Credo che resteranno in futuro i cd e i vinili, ma come mercato di nicchia per audiofili e musicofili, un business ristretto con tante riedizioni di classici e di dischi di grande rilevanza storica, e con poche nuove produzioni selezionate. Se fossi un discografico cercherei di far capire che i supporti fisici sono imprescindibili per un vero amante della musica. Vorrei soffermarmi in particolare sul fenomeno del ritorno del vinile, che non è una semplice moda dal gusto vintage ma è un revival che dimostra la grande qualità intrinseca del vinile come supporto per ascoltare musica. L’ascolto su cd ha una marcia in più rispetto all’ascolto su internet, e l’ascolto su vinile ha una marcia in più rispetto all’ascolto su cd. Il pubblico si è disabituato – con internet – alla qualità del suono. Per fare un parallelo: la differenza che passa tra ascoltare un vinile – che so – dei Pink Floyd rispetto a un file mp3 di bassa qualità è la stessa che passa tra il guardare un film su un grande schermo al cinema e il vederlo su uno smartphone. Internet e la musica in streaming sono nemici della qualità, sono inadeguati dal punto di vista della qualità del suono, ma mi rendo conto che per capire questo bisogna avere un’educazione musicale, e bisogna avere la possibilità economica e la voglia di spendere soldi per acquistare cd e vinili.

 

Quanto è importante suonare uno strumento musicale e quanto è importante ascoltare della buona musica per migliorare intelligenza e creatività?

Tutti gli studi concordano nel dimostrare che lo studio di uno strumento musicale amplifica le capacità cognitive. Le statistiche ci dicono che negli Stati Uniti oltre il 90% delle persone con una laurea e oltre l’85% delle persone che guadagnano più di 150.000 dollari all’anno hanno studiato uno strumento musicale. E le statistiche ci dicono anche che c’è una correlazione tra l’ascolto della musica e i gusti musicali da una parte e il profitto scolastico dall’altra: gli studenti più brillanti ascoltano tanta musica e quasi sempre ascoltano anche la musica classica. Nonostante queste evidenze in Italia lo studio della musica è considerato un inutile orpello e una perdita d tempo. Eppure sono molti i grandi manager in tutto il mondo che ascoltano musica e suonano uno strumento musicale, non solo per piacere ma anche per formare il proprio carattere alla tenacia e al raggiungimento di obiettivi difficili nel lungo periodo.

 



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