Shock energetico e industria tessile italiana

Shock energetico e industria tessile italiana

Intervista a Giovanni Marchi – Director Marchi&Fildi S.p.a. & Filidea S.r.l.

MARCHI & FILDI – Gruppo tessile italiano specializzato nella filatura e nella tintoria, fondato nel 1965 e con sede centrale a Biella, Marchi &Fildi è presente con sedi produttive anche in Turchia e in Brasile, e ha oggi 550 dipendenti e un fatturato di oltre 70 milioni. Del Gruppo fa parte anche la società Filidea S.r.l.

 

Le bollette per l’energia elettrica e il gas che stanno arrivando in questi ultimi mesi nelle aziende tessili italiane presentano – rispetto a un anno fa – aumenti che arrivano in certi casi fino a un +800% e che – nei casi più “fortunati” – mettono capo comunque a numeri raddoppiati o triplicati rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Questo shock energetico – legato alla guerra della Russia in Ucraina e alla difficile situazione geopolitica internazionale – che impatto sta avendo, nell’immediato, sulla produzione tessile Made in Italy? Come possono reagire le aziende?

La situazione è grave, perché mediamente – per le bollette delle aziende tessili italiane – parliamo di un moltiplicatore di 5 / 6, cioè abbiamo a che fare con dei costi energetici che rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso sono quintuplicati o sestuplicati, con effetti molto pesanti su tutta la produzione tessile Made in Italy, e soprattutto per tintorie e finissaggi.

La reazione immediata delle aziende tessili italiane, in un frangente di questo genere, è un inevitabile incremento dei prezzi a valle, cioè un aumento dei listini, che però deve rimanere confinato entro certi limiti se si vuole rimanere relativamente competitivi. Poi si cerca di puntare sempre di più sull’efficientamento energetico, tema per noi centrale da oltre dieci anni e aspetto fondamentale anche dal punto di vista ecologico e della sostenibilità ambientale. Ma è anche ovvio, arrivati a questo punto, che serve urgentemente un intervento di sistema e un’azione politica europea a servizio delle imprese.

 

In che misura questo shock energetico rischia di determinare, sul breve e medio termine, un blocco del processo di reshoring dall’Asia – che aveva ricevuto una forte spinta dalla pandemia e dalla crisi delle supplychain globali – e un ulteriore spostamento delle produzioni tessili italiane in Turchia e in altri centri di produzione extraeuropei?

Questa domanda tocca una questione fondamentale. Negli ultimi anni la volontà dei brand del tessile-moda di riportare le produzioni in Europa l’abbiamo constatata più volte anche noi. L’aumento dei costi nei trasporti e nei servizi logistici e l’incertezza crescente nelle dinamiche intercontinentali – fattori accelerati notevolmente dalla crisi pandemica – hanno spinto molti imprenditori a riflettere e a porsi una domanda di questo tipo: in che misura ha senso risparmiare sull’acquisto delle materie prime e dei prodotti se si riducono drasticamente i margini dal punto di vista della sicurezza e della possibilità di pianificare con certezza i tempi e i costi di arrivo delle merci? Risparmiare qualche centesimo per finire in una supply chain lunghissima, con una serie di colli di bottiglia, probabilmente non ha più senso e questa constatazione rappresenta un’occasione epocale di rilancio per le industrie tessili europee. Il problema è che l’aumento dei costi energetici in Europa sta vanificando queste considerazioni o comunque le sta depotenziando notevolmente. Con le bollette energetiche che stanno esplodendo in ambito Ue, il gap di costo con contesti produttivi extraeuropei torna ad essere rilevante e torna a sbilanciare le scelte tra risparmio e sicurezza a favore del risparmio.

Ciò detto, io continuo a pensare che il reshoring delle produzioni tessili in Europa sia un fenomeno che potrà comunque avere, nei prossimi anni, una sua rilevanza, per almeno tre motivi: il fatto che una soluzione politica al prezzo di elettricità e gas in Europa secondo me si troverà; il fatto che in ogni caso nessuno può dimenticare quello che è successo nelle fasi acute della pandemia, ovvero quali rischi sono connessi in questa epoca alle supply chain intercontinentali e alla delocalizzazione delle produzioni nelle aree opposte del globo; il fatto che nel tessile odierno c’è una necessità imprescindibile di potenziamento della sostenibilità e della trasparenza della filiera, e che questi imperativi sono poco compatibili con una quota eccessiva e smodata di trasporti – troppo inquinanti – su lunghe distanze.

Noi peraltro, oltre che nella sede centrale italiana, a Biella, abbiamo filiali produttive anche in Turchia e in Brasile, Paesi nei quali stiamo osservando un aumento dei costi per l’elettricità e per il gas in misura minore rispetto all’Italia. La presenza di stabilimenti esteri, soprattutto in questo momento difficile, rappresenta indubbiamente per il Gruppo Marchi &Fildi un grande punto di forza, e ci consente di mediare i costi produttivi mantenendo i volumi prodotti in Italia e aumentando quelli prodotti all’estero, con un effetto di diluizione dell’extra costo.

 

L’Italia, operando in un quadro europeo, si sta muovendo per raggiungere, nel giro di alcuni anni, una maggiore autosufficienza energetica. Nell’immediato, tuttavia, le aziende tessili hanno bisogno di un sostegno concreto e rapido. Da imprenditore e manager tessile cosa chiede alle istituzioni italiane ed europee? Quali interventi politici auspica?

Il problema energetico va risolto in maniera strutturale e non con singoli bonus o incentivi. Sia chiaro che rappresenta certamente una misura positiva e importante il credito d’imposta del 40% sui sovraccosti energetici che è stato introdotto in Italia per le aziende energivore (per i mesi di ottobre e novembre 2022, purché i costi per Kwh del 3° trim 2022 abbiano subito un incremento superiore al 30% di quelli del 3° trim. 2019, e/o – per il gas – purché il prezzo medio di riferimento del gas naturale del 3° trim 2022 abbia subito un incremento superiore al 30% di quello del 3° trim. 2019). Misure come queste stanno dando una mano alle imprese, indubbiamente, ma non basta: gli incrementi delle bollette che stanno subendo le industrie sono a tal punto andati fuori controllo da rendere impossibile restituire competitività al tessuto produttivo con misure di questo genere. È evidente che serve un intervento coordinato a livello europeo, quantomeno per arginare i fenomeni speculativi in ambito energetico e per contenere il più possibile gli aumenti.

 

La sua azienda come si sta muovendo – in questo momento difficile – per fronteggiare la crisi energetica?

Innanzitutto, come ho detto, stiamo aumentando la capacità produttiva dei nostri stabilimenti in Turchia e in Brasile, pur mantenendo al tempo stesso invariata la situazione produttiva dei nostri stabilimenti italiani, che non verranno in alcun modo penalizzati.

In secondo luogo stiamo ulteriormente investendo sul fronte delle fonti energetiche alternative e dal punto di vista dell’efficientamento energetico, tenendo conto peraltro che su questi piani ci stiamo muovendo con investimenti importanti da oltre un decennio.

Quello che in questo momento servirebbe alle imprese è anche una riduzione dei margini di incertezza rispetto alle valutazioni sul medio termine, ed è la politica – in Italia e più in generale in Europa – a dover dare una mano da questo punto di vista. In Marchi &Fildi, come credo in molte altre aziende tessili europee, stiamo facendo in questo momento parecchie riflessioni su dei possibili investimenti che porterebbero (ma non immediatamente!) dei grandi benefici in termini sia di contenimento dei costi sia di sostenibilità ambientale. Stiamo ragionando, per esempio, sull’utilizzo di combustibili alternativi al gas per la tintoria. Vorremmo però sapere – almeno ad un livello minimale di precisione – quale evoluzione potrà esserci, perlomeno da qui a un anno, dal punto di vista della legislazione italiana ed europea, rispetto agli incentivi, ai finanziamenti e ai bonus che verranno erogati e rispetto agli auspicati tetti ai prezzi di cui si discute in sede Ue. Fare chiarezza è oggi fondamentale ed è la prima cosa che come imprenditore chiedo alla politica e alle istituzioni.



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