Agricoltura Smart, il boom post pandemia

Agricoltura Smart, il boom post pandemia

Agricoltura Smart, il boom post pandemia

A cura di Ida Laura Cappiello

La pandemia di Covid 19 non ha impedito alle aziende agricole di lavorare, ma ha di fatto bloccato la vendita diretta dei prodotti nei negozi aziendali e nei mercati, che in questo settore è molto importante, spesso legata al turismo. Così, le fattorie più dinamiche hanno premuto l’acceleratore sulla vendita online. Prodotti da forno, conserve vegetali, ma anche formaggi e salumi tipici, carne allevata in modo naturale: questi sono i prodotti maggiormente interessati dalla trasformazione digitale. E il pubblico ha gradito, visto che il settore Food ha incrementato le vendite online del 56% nel 2020 (ricerca Netcomm-Politecnico di Milano) e il trend è sostenuto anche nel 2021.

 

Valutare i costi dell’e-commerce digitale rispetto al valore del venduto

Quando il valore economico delle vendite è limitato, però – caso molto frequente nell’alimentare – l’azienda deve valutare se conviene investire in un portale tutto suo, e in seconda battuta come organizzare la logistica, che incide tanto sul fatturato, specie se parliamo di consegne ai privati.  Ecco allora diffondersi piattaforme di e-commerce multicliente, dai colossi globali alle realtà locali. Amazon dichiara di ospitare oltre 2500 PMI italiane sulla vetrina Made in Italy, focalizzata sulle eccellenze artigianali: il cibo qui è una delle prime categorie. All’estremo opposto,  Driiin porta a casa dei bolognesi i prodotti delle botteghe locali.

Tra le piattaforme nazionali, si distingue L’Alveare che dice sì, perché fa incontrare fisicamente produttori e consumatori nei luoghi di consegna del prodotto, generando così anche conoscenza e non solo vendita. Interessante anche I Farmers, giovanissima startup creata da un gruppo di giovani pugliesi con la passione per l’agricoltura. I Farmers offre alle aziende agricole una vetrina di e-commerce, ma anche uno spazio dedicato per condividere contenuti, uno sportello consulenza, e molta informazione, tra cui spicca un ricco Atlante delle razze animali. Non si occupa però della distribuzione, che resta in carico alle singole imprese.

 

La carne si sposa benissimo con l’e-commerce se la qualità è top

Distribuire da soli può diventare molto costoso, in particolare se parliamo di prodotti deperibili, come i formaggi o la carne. La carne però è un’eccezione: sono tanti gli allevatori che vendono in proprio, perché il valore degli acquisti è alto, ed è normale per il cliente fare scorta di prodotto e tenerlo nel congelatore. Si tratta sempre di carne speciale: di razze particolari, biologica, di montagna, o allevata allo stato brado, spesso acquistabile solo a partire da una certa quantità e con assortimenti prestabiliti. Condizioni che i consumatori più sensibili accettano volentieri, pur di mettere a tavola un prodotto di eccellenza e rispettoso dell’ambiente.

 

Due storie di “percorso smart” dal Nord al Sud Italia

Cooperativa Monti e Laghi: lo stracchino bergamasco diventa un volano di promozione turistica

Nel 2017 Gianluigi Zenti, studi agrari e una lunga carriera di management internazionale nell’agribusiness, riscopre le sue radici bergamasche e ricostituisce la cooperativa Monti e Laghi, che produce lo stracchino originale del territorio con il latte della Val Vigolo, dove è nato questo formaggio (da non confondere con lo stracchino industriale, che in realtà è crescenza). La cooperativa, nata nel 2007, nel 2015 era fallita per incapacità gestionale. “Quando lavoravo in Barilla ho conosciuto uno dei venditori del caseificio” racconta Zenti. “Mi ha portato a vedere la sede, sotto il monte Bronzone, la cima più alta della sponda bergamasca del lago d’Iseo”. Il nostro manager (che sul lago d’Iseo ci è nato) è rimasto affascinato da quel luogo e ha deciso di scommettere sulla cooperativa. Il suo ingresso ha riportato la cooperativa a nuova vita: ora ha tre punti vendita diretti e un e-commerce, oltre a vendere in tutta la Lombardia. Lo stracchino ha ottenuto la denominazione PAT (Prodotti agroalimentari tradizionali). “Il problema dell’e-commerce per noi è la logistica, che su un prodotto fresco di valore non elevato come prezzo unitario, e non stoccabile, è molto costosa. Il nostro stracchino rimane una nicchia. Però la comunicazione digitale è riuscita a trasformare il formaggio in un potente veicolo di promozione del territorio: le nostre pagine social attirano più visitatori al monte Bronzone dell’ente di promozione turistica” conclude Zenti.

 

Panificio Magda: il salto commerciale spinto da un confezionamento innovativo

Andiamo in Puglia per trovare un’esperienza già consolidata di evoluzione digitale parallela al passaggio generazionale: il Panificio Magda, storico laboratorio nel centro di Bari, che ha compiuto il “salto digitale” quando è entrata in pista la seconda generazione, nel 2011. Passaggio fondamentale, nel 2016, è stato realizzare una gamma di focacce tipiche pugliesi, parzialmente cotte e confezionate in atmosfera modificata. Da poco, c’è anche la versione senza glutine.

“Il cliente deve solo completare la cottura in forno per trovarsi un prodotto sovrapponibile al fresco, che si conserva benissimo diverse settimane” spiega Giuseppe Di Cintio, uno dei figli dei fondatori. “Così può essere distribuito in tutta Italia a costi accettabili, il che dà senso alla vendita online”. Vendita che sta coinvolgendo anche la Germania e altri Paesi europei. “Ci scrivono clienti del Sud, che vivono da tanti anni in Germania, quasi emozionati nel ritrovare sapori che li riportano alla giovinezza” dice ancora Di Cintio.

Sicuramente si tratta di prodotti con un margine di profitto inferiore a quelli venduti in negozio, ma ne vale la pena per il ritorno di immagine e di popolarità.

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INTERVISTA A FABIO SCAFOLETTI

Intervista a Fabio Scafoletti, docente al Master per la qualificazione di tecnici commerciali e Marketing delle agroforniture della SMEA – Alta Scuola di Management ed Economia Agro-alimentare dell’Università Cattolica.

Fabio, dal tuo punto di osservazione qual è l’azienda agricola “tipo” che si è digitalizzata durante la pandemia?

Quella che già prima si rivolgeva direttamente ai consumatori con varie forme di vendita diretta: spacci, vendita telefonica, mercati Coldiretti; e chiaramente, aziende con una seconda generazione attiva. Questa direi che è una precondizione: i giovani.

Quali modelli di business osservi (e insegni ai tuoi studenti) nell’approccio al digitale in area commerciale?

Sono davvero tanti: l’e-commerce proprietario è più difficile, ma possibile ad esempio nella carne o nei salumi, o se si hanno tanti prodotti diversi; più semplice apppoggiarsi a piattaforme multicliente, come l’Alveare, o la stessa Amazon, ma anche portali tipici regionali, di settore o addirittura cittadini, simili ai Gruppi di acquisto solidale. In particolare quando si ha un solo prodotto o pochi prodotti.

Quali ostacoli vedi principalmente, culturali, tecnologici o di mercato?

Direi tre: la mancanza di un solida cultura di project management agile e di un approccio lean, che insegna a migliorare anche grazie agli errori; la bassa attitudine al try & learn delle aziende, mentre nel digitale si lavora di fast prototyping e versioni beta, sono i clienti che scelgono che cosa vince; la lentezza, che è la conseguenza dei primi due punti. I progetti digitali vedono spesso la luce già “vecchi” e quindi sono destinati ad arenarsi.

Smart non è solo e-commerce: incontri altre forme interessanti di tecnologia agricola che potrebbero davvero cambiare questo mondo?

Ci sono, ma la questione è più delicata. C’è l’agricoltura di precisione, c’è la robotica…ma i produttori tipici e di eccellenze agroalimentari talvolta vedono come antitetiche tecnologia ed eccellenza del prodotto. Bisogna fare un lavoro culturale. Si torna sempre lì!



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