Codice della Crisi d’impresa: le nuove regole italiane

Codice della Crisi d’impresa: le nuove regole italiane

A cura di Marketing Datasys

Come affrontare il nuovo Decreto Legislativo sulla Crisi d’impresa? Datasys Network mette in campo una serie di strumenti operativi per aiutare a livello informatico le aziende clienti nell’adempimento degli obblighi previsti dal Decreto e – più in generale – per supportare le aziende clienti nell’implementazione di un processo efficace di monitoraggio dell’andamento, della solvibilità e della continuità aziendale.

Il nuovo Codice della Crisi è in vigore dal 15 luglio 2022 e sostituisce la vecchia Legge Fallimentare del 1942, attraverso una vera e propria rivoluzione copernicana che per gli amministratori e i titolari di azienda è fondamentale affrontare rapidamente e nel modo migliore. Nel nuovo codice non si parla più di “fallimento” ma di “liquidazione giudiziale” e il focus si sposta dal “guardare indietro” – come si è sempre fatto – al “guardare avanti”. In che senso?

Proviamo a spiegare la cosa in modo semplice, partendo da come le cose sono funzionate fino a questo momento. Tradizionalmente le imprese non sono mai morte di bilancio ma di cassa, nel senso che l’imprenditore ha sempre cercato – per salvare la propria azienda, in caso di crisi – di andare avanti cercando mille strade per far quadrare i conti, chiudendo sempre i bilanci quando “bancariamente” sostenibili, anche se tutt’altro che ottimali, e alzando bandiera bianca soltanto in caso di assenza empirica di fondi disponibili (“si muore di cassa”), oppure per la richiesta di fallimento da parte di un fornitore arrabbiato per dei mancati pagamenti (anche in questo caso la morte è “di cassa”). Ovvero: storicamente l’amministratore di un’azienda in crisi cercava – legittimamente – di “tirare avanti”, di vendere di più e meglio, di mettere in atto – nei casi migliori – forme di controllo di gestione, ma non aveva comunque nessun obbligo di “guardare avanti” – dal punto di vista contabile – cercando di prevedere – con valutazioni e rendicontazioni puntuali – come si sarebbero evoluti i flussi di cassa e come si sarebbero potute superare le difficoltà. E se persisteva o si aggravava la crisi , l’amministratore si trovava poi – in caso di procedura fallimentare – coinvolto in uno sguardo retrospettivo (“guardare indietro” per giudicare il suo operato), all’interno di una procedura che aveva come obiettivo quello di distribuire tutte le risorse possibili da destinare ai creditori, ovvero di recuperare denaro assicurando la “Par Condicio Creditorum” e pagando se possibile anche la parcella del curatore. Questo sistema tradizionale secondo alcuni analisti ha contribuito a consolidare una diffidenza generalizzata rispetto alle procedure concorsuali, ha portato a una sottovalutazione dell’impatto sociale legato alla morte di un’impresa e ha condotto – in occasione delle grandi crisi del 2008, del 2014 e del 2020 – al proliferare di normative eccezionali e di concordati preventivi. In ogni caso, comunque la si pensi, in questa impostazione tradizionale della Crisi d’impresa manca l’obbligo – per l’amministratore – di “guardare avanti” e di monitorare, rendicontare e affrontare periodicamente l’andamento della crisi aziendale, e l’amministratore può semmai – eventualmente e a posteriori – essere accusato di non aver agito correttamente.

Con il nuovo Codice della Crisi d’impresa e con il Codice Civile le cose cambiano completamente, perché l’imprenditore viene spinto a cercare di PREVENIRE la degenerazione della crisi d’impresa, attuando e formalizzando – obbligatoriamente – il tipico processo circolare del controllo di gestione (controllo – pianificazione – programmazione – azione). A questo proposito le normative sono molto chiare, e nell’Articolo 2086 del Codice Civile troviamo scritto: “l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”. Mentre nell’Articolo 2 della Legge sulla Crisi d’impresa la Crisi viene definita esplicitamente come “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”.

In base alle nuove regole, dunque, il controllo di gestione nelle aziende non è più un’opzione virtuosa e raccomandabile ma un obbligo vero e proprio, e l’imprenditore deve tenere sotto controllo – in ogni trimestre – gli indicatori di bilancio (in particolare gli indicatori di liquidità, ovvero liquidità più crediti diviso debiti) e le eventuali variazioni in negativo dell’equilibrio finanziario aziendale, intervenendo tempestivamente – in caso di crisi – per evitare che l’indicatore di liquidità possa assumere valori molto inferiori all’1 creando uno slittamento dalla semplice tensione finanziaria alla vera e propria incapacità di far fronte ai pagamenti.

In estrema sintesi: l’imprenditore è oggi OBBLIGATO ad adottare un sistema di controllo di gestione che abbia l’obiettivo di prevenire il punto di non ritorno della crisi della propria impresa, attraverso un sistema rigoroso e ufficialmente formalizzato a cadenza temporale costante, con una buona prassi amministrativa che prevede l’elaborazione trimestrale di documenti di reportistica e di controllo, con la pubblicazione e valutazione puntuale di tutti gli Indicatori di allerta, con marca temporale e data certa, con comprovata presentazione in consiglio di amministrazione e con la sottoscrizione digitale da parte dell’imprenditore.

Il Codice della Crisi ha demandato al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili la formulazione precisa degli Indicatori di allerta (gli indicatori nell’accertamento dello stato di crisi), che entreranno ufficialmente in vigore in data 1 gennaio 2024 e che avranno a che vedere con la valutazione del patrimonio netto (positivo oppure negativo o inferiore al minimo legale), dell’Indice Debt Service Coverage Ratio (DSCR), delle soglie degli indici settoriali, di eventuali ritardi reiterati e significativi nei pagamenti (art. 13, c. 1; art. 24) e di eventuale assenza delle prospettive di continuità per l’esercizio in corso.

In questo contesto – nel quale gli indicatori da attenzionare sono dunque di natura finanziaria e non economica – le aziende italiane devono necessariamente dotarsi di un sistema di budgeting molto spinto, con un sistema informativo e con soluzioni software in grado di simulare al meglio i flussi finanziari nei successivi 12 mesi. E a questo scopo occorse rivolgersi all’interlocutore giusto, portando avanti un percorso che va condiviso con il management dell’azienda. Datasys Network – dal 1981 punto di riferimento informatico delle PMI italiane – offre alle aziende una soluzione software completa per la raccolta e la gestione dei dati (contabilità analitica, Tesoreria, COGE, Business Intelligence), con la soluzione proprietaria Vela Finance (soluzione al 100% Made in Italy, continuamente aggiornata e già utilizzata da diverse centinaia di importanti aziende italiane), e con Power BI.

In occasione dell’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi d’impresa Datasys Network propone alle aziende italiane un pacchetto completo e studiato ad hoc (con la consulenza dello Studio Azzaretto, importante studio di commercialisti e revisori legali di Milano), un pacchetto software che copre esaustivamente tutti i passaggi richiesti dalla nuova normativa: raccolta dati, dati di consuntivo, dati previsionali presenti in azienda (ordini clienti, ordini fornitori, finanziamenti, mutui), dati di budget in un’ottica di esercizio mobile, riorganizzazione dei dati raccolti, analisi qualitativa dei dati raccolti, elaborazione dei dati e creazione di una sintesi, creazione degli indicatori con possibilità di giustificazione dei risultati.

Si parte dunque dalla raccolta dei dati – Tesoreria (flussi di cassa) e COGE (dati contabili – analisi dei dati dello stato patrimoniale, analisi ritardi di incasso, analisi ritardi di pagamento, indicatori qualitativi clienti / fornitori) – e si prosegue con i dati previsionali (ordini clienti, ordini fornitori, mutui / finanziamenti, movimenti previsionali – uscite, F24, stipendi) e i dati di budget (economico, patrimoniale).

La contabilità va gestita con un corretto modello di Statistic Data Management, in grado di fornire i dati contabili ma anche di gestire ed evidenziare i dati cosiddetti “statistici”, che possono aiutare a governare il rapporto tra l’azienda stessa e le diverse entità giuridiche o fisiche con cui intrattiene dei rapporti commerciali (clienti / fornitori), nel quadro di una gestione avanzata della situazione creditizia e debitoria della singola società e in base a corretti indicatori statistici e aziendali (indicatori definibili dall’utente finale per rappresentare in modo sintetico e visivo la situazione di ogni singolo cliente e fornitore). Per quanto riguarda invece la tesoreria, è fondamentale avere sempre perfettamente sotto controllo: il cash flow (voci finanziarie, schemi di analisi flussi, analisi flussi a consuntivo, analisi flussi a preventivo, analisi scostamenti), gli eventuali mutui e tutti i possibili scenari evolutivi dal punto di vista dello scadenziario clienti e fornitori, delle scadenze portafoglio e finanziamenti, della pianificazione della liquidità, delle previsioni extracontabili e degli ordini e spedizioni. Per quanto concerne la contabilità analitica è importante operare correttamente in termini di budget e revisioni e attraverso una completa analisi della redditività per area aziendale, operando infine – con il supporto degli strumenti di Business Intelligence Power BI – una sintesi efficace relativa all’analisi dei dati raccolti.



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