Eurojersey. Tessuti innovativi Made in Italy

Eurojersey. Tessuti innovativi Made in Italy

Intervista a Andrea Crespi – Managing Director Eurojersey S.p.a.

EUROJERSEY – Importante azienda tessile italiana fondata nel 1960, con sede a Caronno Pertusella, in Provincia di Varese, Eurojersey – che fa parte del Gruppo Carvico – produce tessuti indemagliabili con il marchio Sensitive® Fabrics per i settori sport, abbigliamento, intimo, costumi da bagno. Con un fatturato del 2022 pari a 90 milioni di euro, più di 250 dipendenti e un ciclo produttivo (tessitura, tintoria e stamperia) che si svolge interamente in Italia, Eurojersey rappresenta il vertice del Made in Italy tessile internazionale.

 

Eurojersey produce e vende in tutto il mondo la gamma di tessuti Sensitive® Fabrics, prodotti performanti e sostenibili con caratteristiche all’avanguardia dal punto di vista della resistenza, della protezione, della traspirabilità e del comfort. Quali sono le peculiarità tecniche fondamentali dei tessuti di Eurojersey e quali sono i prodotti maggiormente innovativi che avete lanciato negli ultimi anni sul mercato?

Abbiamo una gamma di tessuti brevettata e dal marchio registrato, con un alto livello qualitativo legato al metodo di manifattura, ovvero all’unione di fibre innovative in nylon con elastomero.

Credo che la chiave del successo di Eurojersey si debba cercare innanzitutto nella capacità di stare al passo con le richieste del mercato, ampliando l’offerta – un tempo focalizzata sull’intimo e sui costumi da bagno – anche ad altri settori come l’abbigliamento e l’abbigliamento sportivo, settori nei quali è cresciuta enormemente – negli ultimi anni – la domanda di tessuti elasticizzati, confortevoli e durevoli.

L’unione tra eleganza, confort e funzionalità rappresenta l’essenza dei nostri tessuti.

 

Eurojersey è presente con successo da oltre sessant’anni e annovera tra i propri clienti molti tra i maggiori brand nel mondo dello sport, abbigliamento, intimo e dei costumi da bagno. Come si è evoluto il settore negli ultimi anni e in che modo sono cambiate le richieste del mercato?

Eurojersey è da sempre tra le aziende leader nella produzione di tessuti tecnici elasticizzati e indemagliabili, e la domanda relativa a questa tipologia di tessuti, come dicevo, è letteralmente esplosa negli ultimi anni, ed è un fenomeno che viviamo e osserviamo tutti nella quotidianità.

Per andare a correre o per fare trekking le persone vogliono oggi dei pantaloni elasticizzati, al tempo stesso comodi ed esteticamente apprezzabili. Ma non solo: anche chi va al lavoro camminando, usando la bicicletta o il monopattino vuole dei capi multitasking, polivalenti, con più funzioni d’uso, in grado di unire la raffinatezza al confort. E lo stesso concetto di eleganza è cambiato negli anni e va nella direzione di una maggiore funzionalità e sportività.

Il trend per noi è assolutamente positivo, e la capacità di Eurojersey di cavalcare tutte queste nuove tendenze ci sta consentendo di crescere anno su anno con percentuali superiori al 20%.

 

Tra le proposte più recenti presentate da Eurojersey è sicuramente interessante la capsule Flash Art dei tessuti Sensitive® Fabrics, nata dalla collaborazione con il FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano. Può parlarci di questo progetto e di altre idee originali in arrivo prossimamente?

Tutte le collaborazioni che Eurojersey porta avanti con importanti realtà appartenenti a mondi extra-tessili vanno sempre nella stessa direzione: la valorizzazione – da parte di un’azienda tessile orgogliosamente italiana come la nostra – della bellezza italiana e del grande patrimonio artistico, paesaggistico e culturale che può vantare il nostro Paese. Anche la collaborazione con il FAI, che andremo ulteriormente a consolidare nei prossimi anni, risponde a questo tentativo di creare sinergie virtuose tra mondi diversi ma accomunati dalla passione per il Made in Italy.

 

Tra Covid, difficoltà geopolitiche internazionali, aumento dei costi di logistica e trasporti, crisi delle supply chain globali e shock energetico, gli ultimi anni certamente non sono stati facili per le aziende tessili. Com’è oggi la situazione? Come potrebbe evolversi nei prossimi anni? E cosa lascerà in eredità al mondo tessile – nel bene e nel male – questo periodo così complesso?

Il mondo sta cambiando rapidamente ed è fondamentale, per un’azienda, guardare avanti e cogliere le opportunità che questa fase storica complessa sta dischiudendo.

La qualità del lavoro e il benessere aziendale sono oggi degli elementi che gli imprenditori e i manager non possono più trascurare, e il Covid – da questo punto di vista – ha accelerato e potenziato le richieste in tal senso da parte dei lavoratori. In Eurojersey abbiamo assunto un Welfare Manager e cerchiamo – in un’ottica di smart working, e laddove è possibile – di trovare un equilibrio tra il lavoro in presenza e il lavoro da casa. In questo senso il Covid, fenomeno drammatico dal punto di vista dell’impatto sanitario e per quanto riguarda le conseguenze economiche complessive, ha però favorito il diffondersi di un approccio al lavoro più etico e più umano.

Per quanto concerne invece la crisi delle supply chain globali e lo shock energetico: è in atto un processo di reshoring delle produzioni tessili in Italia e in Europa, processo che è stato dapprima favorito dalle difficoltà legate ai trasporti intercontinentali nel periodo del Covid e che è stato in seguito frenato – ma non bloccato – dall’incremento dei costi energetici per le aziende europee. Credo comunque che sia in gioco una questione molto più ampia e profonda delle semplici valutazioni connesse ai maggiori o minori costi della logistica e dei trasporti: il vero problema, in un’ottica di lungo termine, ha a che fare con la insostenibilità ambientale di filiere tessili troppo lunghe e arzigogolate. Se ragioniamo in termini di ecosostenibilità ha senso ha senso far fare due volte il giro del mondo a una maglietta che poi viene venduta a 4 euro? Evidentemente no.

Detto questo, è sempre importante essere ottimisti ma anche realisti: il reshoring delle produzioni tessili in Europa è in corso da tre anni e continuerà, ma è chiaro che – per limitarsi all’esempio italiano – se il nostro Paese ha perso negli ultimi decenni il 70% circa della produzione tessile, non è pensabile che possa nel giro di pochi anni tornare all’improvviso ai livelli manifatturieri di cinquant’anni fa. È possibile invece che in questo frangente possa esserci il ritorno in Italia di un 10 / 15% della produzione tessile che avevamo perso, e questo non è poco e rappresenta sicuramente una grande opportunità per il Made in Italy.



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