Italia nel mirino degli hacker. I rischi per le PMI

Italia nel mirino degli hacker. I rischi per le PMI

A cura di Luigi Torriani

Le aziende italiane sono nel mirino degli hacker, e a questo proposito il Rapporto Clusit 2023 (pubblicato a marzo 2023 e relativo all’anno 2022) è chiarissimo:

  • nell’anno 2022 gli attacchi informatici in Italia sono aumentati del 169% (169 per cento!) rispetto al 2021, e sono stati – nell’83% dei casi – attacchi di “gravità elevata o critica”;
  • nel 2022 il 7,6% degli attacchi informatici avvenuti a livello mondiale si sono verificati in Italia;
  • il 19% degli attacchi informatici avvenuti in Italia nel 2022 ha colpito aziende e industrie manifatturiere, e gli attacchi contro le aziende e industrie manifatturiere sono aumentati (nel 2022 rispetto al 2021) del 191,7%.

Il tema della cybersecurity è oggi alla ribalta anche a livello mediatico e le notizie di attacchi hacker clamorosi e inaspettati sono sempre più frequenti. Quello che però spesso non si legge, e che deve essere chiaro, è che ad essere colpite non sono soltanto grandi aziende, importanti società nell’ambito dei servizi, strutture sanitarie, enti politici e uffici della pubblica amministrazione: ad essere vittime di attacchi hacker sono sempre più spesso anche le PMI del Made in Italy, le piccole e medie imprese manifatturiere italiane. Sono molti i casi gravi di questo tipo, casi che hanno riguardato anche importanti aziende di produzione del Nord Italia colpite pesantemente dagli hacker, casi di cui nessuno ha parlato ma che stanno avendo un impatto molto serio sul tessuto produttivo italiano. Quando leggiamo sui giornali e sui social, o ascoltiamo in televisione, notizie di attacchi hacker – per citare alcuni esempi di cui si è molto parlato – alla Ferrari, alla Regione Lazio, all’Aeroporto di Bologna, all’Atac di Roma o all’Ospedale San Giuseppe di Milano, non dobbiamo assolutamente pensare che chi invece è alla guida di aziende molto più piccole e al di fuori dal mondo politico o da settore strategici sia al riparo da questo tipo di rischio.

I dati contenuti nel Rapporto Clusit 2023, d’altronde, sono inequivocabili: il 93% degli attacchi informatici avvenuti in Italia nel 2022 ha avuto finalità di cybercrime puro, ovvero motivazioni meramente criminose e un unico – semplicissimo – obiettivo: chiedere un riscatto (spesso in Bitcoin) all’azienda colpita. Sono dunque percentualmente molto rari – anche se preminenti a livello mediatico – gli attacchi legati ad attivismo politico e ideologico, guerra dell’informazione, sabotaggio e spionaggio. Quello che gli hacker vogliono sono innanzitutto i soldi, e li vogliono – sempre più spesso – anche da imprenditori italiani alla guida di aziende medio-piccole, che si trovano di fronte a richieste di riscatto che non di rado superano i 400mila euro in Bitcoin, una cifra importante per una PMI, che tra l’altro – e ovviamente – a norma di legge non dovrebbe pagare ma denunciare l’accaduto, con l’impossibilità – di fatto – di recuperare i dati persi e di tornare ad essere pienamente operativa in tempi brevi.

A meno che…a meno che la PMI in questione non abbia investito prudentemente in soluzioni informatiche che evitano di finire in una situazione di questo genere. Datasys Network propone alle PMI italiane un piano di sicurezza informatica che si è sempre rivelato molto efficace, con soluzioni in Cloud oppure con soluzioni on premises ma scegliendo l’infrastruttura tecnologica più sicura (che è nettamente – statistiche alla mano – IBM Power i) e optando contemporaneamente per un pacchetto completo di Disaster Recovery.

Sono diverse le aziende italiane che nell’ultimo anno si sono rivolte a Datasys Network DOPO aver subito un grave attacco hacker e per evitare di essere nuovamente vulnerabili. Il consiglio, naturalmente, è di non aspettare di essere attaccati ma di rivolgersi subito ai consulenti e ai tecnici di Datasys Network per EVITARE di essere impreparati in caso di tentativi di attacco.



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