Le concerie in Italia. Presente e futuro della pelle Made in Italy

Le concerie in Italia. Presente e futuro della pelle Made in Italy

Intervista a Giacomo Zorzi

UNIC Concerie Italiane – Direzione Sede Veneto

A cura di Luigi Torriani

UNIC (Unione Nazionale Industria Conciaria) Fondata nel 1946, UNIC Concerie Italiane è oggi, nel mondo, la più importante associazione delle industrie conciarie. Aderisce a Confindustria Moda, ha una sede centrale a Milano e uffici operativi ad Arzignano (VI), a Santa Croce sull’Arno (PI) e a Solofra (AV).

Nell’ambito dell’industria conciaria l’Italia ha un ruolo di leadership a livello internazionale, con oltre 1.200 aziende e con una produzione (pari in fatturato a circa 5 miliardi di euro) che copre – in valore – il 65% dell’intera produzione UE e il 23% sul totale mondiale. Più del 95% della produzione italiana si concentra in tre grandi distretti: il distretto veneto (Arzignano), quello toscano (S. Croce sull’Arno) e quello campano (Avellino e Napoli). Quali sono le rispettive peculiarità e i principali punti di forza di questi tre distretti?

Pur svolgendo un ciclo produttivo che nei suoi fondamentali resta simile, i tre distretti esprimono peculiarità che li rendono differenti, sia per la tipologia di pelli lavorate che per le destinazioni d’uso. Nel Vicentino si lavorano esclusivamente pelli bovine, con una spiccata specializzazione per le taglie maggiori. In Veneto vi è infatti una produzione significativa di articoli per arredamento e interni auto, ed in generale di articoli “tecnici”, comprendendo settori molto interessanti come avio, navale, ferroviario e calzatura sportiva. In termini di volumi è questo il distretto più significativo: 450 aziende che coprono oltre il 50% del fatturato nazionale, dove anche hanno sede le concerie di maggiori dimensioni. In Toscana, con 350 aziende ed una capacità produttiva che copre circa il 35% della produzione italiana, la produzione è fortemente rivolta alla calzatura e pelletteria per le fasce più alte della moda: la dimensione aziendale media è generalmente inferiore e la tipologia di pelli impiegate è di dimensione più contenuta, con ampio utilizzo anche di ovine e caprine. Qui alcune concerie sono particolarmente qualificate nella lavorazione di pelli di rettile, una nicchia di altissima fascia rivolta ai brand più importanti. Una parte importante è riservata alla produzione di cuoio suola, un materiale “antico” ed affascinante che non si trova in altre regioni. Anche il distretto Campano, a Solofra in provincia di Avellino, è concentrato sulla lavorazione di pelli di taglia media e piccola, per calzatura, pelletteria ed una specializzazione per il settore dell’abbigliamento. Infine, il distretto lombardo, alle porte di Milano, di dimensioni contenute ma con una altissima espressione qualitativa.

 

Quella conciaria è un’industria che ha diversi settori di sbocco, dai calzaturifici alle pelletterie, dall’automotive all’arredamento, dall’abbigliamento al mondo delle legatorie e delle tipografie. Tra questi diversi comparti quali sono oggi i più “vivaci” e quelli nei quali la richiesta di pelle è oggi più forte? Quali sono invece i comparti che hanno risentito maggiormente della crisi determinata dall’emergenza Covid?

L’emergenza sanitaria non ha risparmiato il nostro settore, che nell’ultimo anno ha subito una recessione molto importante. Certamente la moda, causa una contrazione degli acquisti legata a numerosi fattori, ha avuto le conseguenze più importanti. Da considerare che negli ultimi dieci anni l’intero comparto conciario nazionale ha concretizzato un riposizionamento verso le fasce più alte del mercato, rinunciando a quelle dove la concorrenza sul prezzo è più determinante e privilegiando quei settori a marginalità maggiore: se da un lato la scelta è stata vincente, dall’altro ha permesso che il fenomeno del Covid-19 incidesse purtroppo più profondamente. L’arredamento, in alcuni momenti, ha registrato risultati significativi, sull’onda di tutto il settore home. Anche gli interni auto, per i quali gli italiani partecipano con un numero contenuto di concerie, hanno registrato un calo minore ma ugualmente a doppia cifra. Calzatura e pelletteria sono le destinazioni che stanno ancora soffrendo di più. La certezza per il futuro è di una ripresa ai valori del 2019, forti di investimenti e riorganizzazioni che le concerie non hanno cessato di fare anche in questo ultimo periodo.

 

Una parte del mondo ecologista non vede di buon occhio le concerie, nonostante siano delle industrie che recuperano degli scarti (dell’industria alimentare) e che quindi – da un certo punto di vista – dovrebbero apparire come altamente virtuose sul piano ecologico. Che cosa si può rispondere a questi “demonizzatori” della pelle? Quanto e in che misura le concerie sono oggi delle industrie green?

È un argomento molto complesso, ma i conciatori italiani partono da presupposti che spiegano la loro leadership internazionale anche sotto questo aspetto. L’utilizzo di un sottoprodotto, che discende dalla filiera alimentare per la produzione di carne e latte, ci permette di partire avvantaggiati: fin dai fondamentali viviamo i principi della economia circolare, ma a seguire c’è molto di più. L’organizzazione in distretti è un elemento molto potente, che consente di realizzare efficienza con una energia inarrestabile: attorno al processo conciario sono sorte vere e proprie filiere innovative e altamente specializzate che vivono dei sottoprodotti della lavorazione della pelle, facendoli diventare una risorsa e alleggerendo di conseguenza anche la pressione sulle discariche. Inoltre, nei distretti la centralizzazione dei processi di depurazione delle acque consente di raggiungere efficienze assai elevate, prossime al 100% per molti elementi. I clienti sono oggi coloro che spingono di più sulla efficienza ambientale e pretendono prestazioni eccellenti, molto oltre la già severa legislazione. Per soddisfare i loro standard, la ricerca è di ogni giorno per la progettazione di pelli a ridotto impatto e di sistemi di lavorazione con un dialogo continuo con le filiere a noi vicine. Con la loro collaborazione, riusciamo a perfezionare costantemente la nostra prestazione in una vera ottica di LCA. Gli enti di controllo sono molto presenti, e ne siamo fieri. Le pubblicazioni dei risultati delle loro campagne di indagine dimostrano che gli sforzi dei conciatori italiani sono ripagati, perché una prestazione ambientale inefficiente è affrontata da un punto di vista industriale prima di tutto come un costo. La diffusione di schemi di certificazione è un elemento che non lascia spazio a dubbi: quando un ente esterno qualificato interviene a misurare e garantire la prestazione di una azienda o di un prodotto, il contributo alla fiducia che l’intera società costruisce nei confronti delle concerie e della pelle italiana si dimostra molto concreto. ICEC, ente di certificazione di settore, è attivo da molti anni con schemi e protocolli innovativi per aiutare le concerie a gestire e comunicare il loro impegno verso la sostenibilità. Da ultimo il coinvolgimento di tutta la filiera, a partire fin dall’allevamento dell’animale, è un elemento centrale. Alcuni fattori di criticità si manifestano in settori che non ci appartengono ma dai quali dipendiamo e le strategie di qualifica, controllo e di coinvolgimento per garantire una maggiore trasparenza, lo abbiamo imparato ormai da molti anni, sono vincenti.

 

Bovini, ovini, capre, vitelli, ma anche pelli esotiche, di rettili o di coccodrilli: quali sono oggi le pelli maggiormente utilizzate nell’industria conciaria? E quali sono i Paesi più importanti per l’import di materia prima in Italia?

L’industria conciaria italiana acquista pelli da oltre 120 Paesi nel mondo: il settore zootecnico nazionale non è sufficiente a soddisfare la domanda, e questo, per ritornare ai temi della responsabilità, ci mette nella posizione di partner internazionale irrinunciabile verso un mondo più sostenibile: se le pelli andassero gettate, causerebbero un impatto ambientale globale assai più importante. Oltre i tre quarti delle pelli lavorate è di bovini, mentre il 20% circa è rappresentato da ovini e caprini. Pelli di altri animali coprono una percentuale residuale. Oltre la metà di ciò che acquistiamo è di origine europea, un quarto circa proviene dal Sud America, poco meno del 10% dal Nord America. Il resto è da Africa e Australia. Oltre il 70% delle pelli che entrano in Italia sono semilavorate: si tratta di prodotti che hanno subito solo le prime fasi del processo di lavorazione all’estero, consentendo di trasportarle senza pregiudicarne la stabilità biologica. Tutte le fasi più significative per ottenere un prodotto di alta qualità sono svolte nelle nostre aziende: sono anche le fasi più delicate dal punto di vista ambientale, e svolgendole internamente riusciamo a controllarne con responsabilità anche l’impatto, coscienti della nostra efficienza.

 

Storica associazione di settore, Unic è oggi – a livello mondiale – la più importante associazione degli industriali conciari, e organizza anche la maggiore fiera internazionale dedicata alla pelle (Lineapelle), oltre a gestire il più autorevole servizio editoriale – digitale e cartaceo – di informazione settoriale, molto seguito dagli addetti ai lavori (La Conceria). Può parlarci delle nuove idee e dei progetti di UNIC per il futuro?

L’associazione è in costante attività, con servizi sempre più specializzati per il settore. UNIC Concerie Italiane è membro di COTANCE, l’Associazione Europea dei Conciatori, e opera anche all’interno di ICT (International Council of Tanners), in quanto espressione di un settore fortemente internazionalizzato. Lineapelle, la più importante fiera di settore al mondo, che si svolge due volte l’anno a Milano, ha dovuto ridurre gli eventi fieristici sia per le due edizioni milanesi di settembre e marzo sia le manifestazioni di Londra e New York, che sono state cancellate e sostituite da iniziative sul web. L’attesa del mercato per il ritorno di Lineapelle è molto forte, e ci aspettiamo di riuscire a riprendere quanto prima. Gli obiettivi principali si confermano il supporto alle attività strategiche per l’innovazione delle concerie, la valorizzazione del settore a tutti i livelli, il contrasto alle forme ingannevoli – come la finta pelle – e la formazione dei giovani in un mercato che offre moltissime possibilità di realizzazione professionale.

La Conceria, invece, non è solo una testata storica, essendo stata fondata nel 1893. Oggi è il portale di riferimento per l’informazione di tutta la filiera della pelle. Pubblica un mensile cartaceo e, soprattutto, ogni giorno, da lunedì a sabato, sul sito www.laconceria.it, condivide un quotidiano digitale che nel 2020 ha sfiorato i 2 milioni di visualizzazioni.



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