Presente e futuro della viabilità nelle città italiane

Intervista a Luigi Torriani, Presidente Polinomia Srl

A cura di Luigi Torriani

LUIGI TORRIANI

Imprenditore milanese, è socio e presidente di POLINOMIA Srl, società di ingegneria dei trasporti e matematica applicata che dal 1991 opera nel settore pianificazione trasporti, tecnica e organizzazione del traffico, studi di traffico e valutazioni di impatto.

Quando si parla di viabilità e traffico nelle città ci si trova spesso di fronte a due esigenze contrapposte: da una parte il problema ecologico e di miglioramento della qualità di vita nei centri urbani, dall’altra le istanze di chi – per ragioni personali o lavorative – teme eccessivi limiti alla comodità e libertà di circolazione. In che misura è possibile trovare una sintesi tra i due elementi? Qual è l’atteggiamento da tenere di fronte alle “classiche” proteste di residenti e commercianti, che si sentono danneggiati da qualsiasi misura antitraffico? È possibile conciliare ecologia e business nelle città italiane, o è necessario fare delle scelte sacrificando qualcosa?

Forse è opportuno – innanzitutto – sgombrare il campo da un equivoco ricorrente. Spesso si pensa che le varie limitazioni al traffico urbano, come le Zone a Traffico Limitato o le zone a sosta regolata (stalli blu e stalli gialli), siano state realizzate per “complicare” inutilmente la vita degli automobilisti opponendo generiche motivazioni ambientali, oppure per consentire ai Comuni di fare “cassa”, dato che le limitazioni sono spesso associate a imposizioni tariffarie.

Non è così. I centri cittadini attirano una forte domanda di mobilità (per lavoro, studio, acquisti e altro) e l’assetto delle aree urbane dense, e in particolare dei centri storici delle città italiane, risulta incompatibile con una tale quantità di domanda se essa si svolge tutta in autovettura.

In pratica non ci sono gli spazi fisici per consentire a tutti di arrivare in centro in auto e di trovare parcheggio, a meno di attuare ambiziose opere di trasformazione strutturale, quali lo sventramento di vecchi quartieri per realizzare grandi viali urbani e la realizzazione di parcheggi in struttura o sotterranei (trasformazioni di questo tipo sono state realizzate nei secoli scorsi in alcune capitali europee).

Detto questo, il funzionamento delle città medio grandi italiane è possibile se la mobilità in auto non supera indicativamente il 50÷60% del totale degli spostamenti. La quota auto deve necessariamente scendere per gli spostamenti da/per il centro storico (area interna alle vecchie mura della città, caratterizzata da strade realizzate prima dell’epoca della motorizzazione), centro storico che deve inoltre essere protetto da flussi di attraversamento improprio.

Per creare condizioni di equilibrio fra domanda (numero di auto) e offerta (capacità stradale e capacità di sosta) sono state attuati negli ultimi decenni gli interventi di limitazione (zone a traffico limitato, stalli gialli riservati ai residenti, stalli a disco, ..) e di tariffazione (Area C a Milano, stalli blu, ..); una eliminazione di queste varie limitazioni ricreerebbe condizioni di forte squilibrio, in termini di congestione stradale e difficoltà di trovare un parcheggio libero (proprio le condizioni indesiderate da chi chiede maggiori liberalizzazioni nella mobilità automobilistica).

Un altro equivoco ricorrente è che per muoversi rapidamente e comodamente in città (per affari o per pratiche personali) l’unico modo possibile sia l’uso della propria automobile (o in subordine del motociclo), quando è ormai evidente come nelle grandi città esistano molti modi alternativi di muoversi con grande efficienza: linee metropolitane, linee tramviarie/filoviarie, car e bike sharing, taxi e n.c.c… L’uso di questi mezzi comporta spesso un vantaggio per il cittadino che si muove, ma certamente comporta un vantaggio di tutti i cittadini in termini ambientali, soprattutto in riferimento alla densità di polveri nell’area e ai problemi respiratori che ne conseguono.

 

Quali sono le città d’Italia con i problemi di viabilità e traffico più complessi e difficili da risolvere? E quali sono i lavori e gli interventi di cui andate più fieri in Polinomia?

Le mie esperienze più interessanti di pianificazione dei trasporti urbani sono state quelle per i Comuni di Venezia e di Genova, due città di grandi dimensioni con un ampio spettro di situazioni e problematiche di mobilità.

Il territorio comunale di Venezia ad esempio presenta situazioni molto varie: la città storica con la sua mobilità “lenta” fatta a piedi, in gondola o vaporetto, ambiti come l’isola del Lido (di grande tranquillità, interrotta annualmente dalla Mostra del Cinema e dal periodo balneare), i nuclei di Terraferma con i loro problemi di traffico e congestione, la grande area portuale e retroportuale di Marghera. Non credo che ci sia in Italia una città con una tale ricchezza di situazioni e quindi di problemi per la mobilità, in un’area di grande fragilità ambientale (si pensi alla preservazione della laguna e della città storica).

Diversa la storia, la cultura e il tessuto sociale di Genova; ma anche lì molti ambiti differenti e molte situazioni diverse: il centro storico, i quartieri di Ponente (da Sampierdarena a Voltri), i quartieri della Val Polcevera e della Val Bisagno, i quartieri di Levante (da Albaro a Boccadasse, ormai rinomata per essere la residenza dell’eterna fidanzata del commissario Montalbano, fino a Nervi). Una grande città di oltre 600 mila abitanti distribuita su un’area molto vasta, con una costa che si estende da Voltri a Nervi per oltre 25 km.

 

Quando si parla di trasporto pubblico italiano (treni, autobus, metropolitane, ecc.) si sente dire tutto e il contrario di tutto. Qual è la situazione reale del trasporto pubblico in Italia in confronto a quella degli altri Paesi europei ed extraeuropei? Quali sono i nostri punti di forza e quali le criticità su cui intervenire?

Il trasporto pubblico nelle città medio/grandi ha una duplice funzione:

  • consentire gli spostamenti di coloro che non possono spostarsi con un’auto propria per ragioni di età (under 18 e anziani) o per ragioni economiche (un tempo gli operai e oggi gli extracomunitari),
  • acquisire una quota di spostamenti urbani, per evitare il sovraccarico della rete stradale e dei parcheggi da parte delle automobili, se queste coprissero tutta la domanda di mobilità.

La funzione “sociale” del trasporto pubblico, nel trasporto di studenti, operai e cittadini di basso reddito, ha storicamente consolidato il sistema combinato delle basse tariffe (che coprono il 30÷40% dei costi di funzionamento del servizio) e del finanziamento pubblico a copertura del rimanente 60÷70% dei costi.

Come ogni settore oggetto di consistente finanziamento pubblico, sono generalmente mancati gli stimoli economici a rendere efficiente la produzione del servizio e efficace la politica di acquisizione di nuove quote di domanda.

Questo sistema è andato in crisi per due fenomeni:

  • la riduzione di una importante componente di domanda, costituita da operai e impiegati a posto di lavoro ed orario fisso, in conseguenza del declino del sistema industriale,
  • la crisi della finanza pubblica con il progressivo decrescere dei finanziamenti alle aziende esercenti il servizio.

A questi fenomeni non è stata ancora data una risposta chiara. Ci sono stati degli interventi, a  volte sulla riduzione dei servizi (taglio delle linee minori o delle corse in fasce orarie di morbida) e a volte sull’aumento delle tariffe, ma a mio parere senza una strategia decisa di riorganizzazione e rilancio dei servizi stessi (ovviamente con alcune eccezioni virtuose).

 

Sono due le grandi opere pubbliche controverse al centro del dibattito italiano negli ultimi anni: il Ponte sullo Stretto di Messina e la Tav. Qual è la tua opinione in proposito?

Certamente quando si realizza una nuova opera infrastrutturale o un nuovo servizio di trasporto, si aggiunge una nuova opportunità positiva per coloro che viaggiano.

Si pensi alla possibilità di andare dal centro di Milano a quello di Roma in meno di 3 ore con i treni AV, invece delle 5÷6 ore dei vecchi servizi intercity; si tratta di una grande opportunità per l’utenza.

Gran parte di questa domanda Milano-Roma prima della TAV utilizzava il trasporto aereo, con i suoi costi e i suoi impatti sull’ambiente; la diversione della domanda verso il mezzo ferroviario ha certamente comportato un importante beneficio economico/ambientale.

Il problema per altre opere infrastrutturali (nuove linee TAV, ponte sullo Stretto, nuove tratte autostradali, ..) è se i costi da sostenere per la realizzazione dell’opera sono commisurati con i benefici economici ed ambientali che ne derivano. Questo equilibrio fra costi e benefici (anche se la domanda andrebbe meglio posta ad un economista dei trasporti) è condizionato da molti fattori, fra i quali cito

  • il consumo di risorse naturali e l’impatto dell’opera sul territorio e sul paesaggio (si pensi non solo alla TAV in Val di Susa, ma anche all’autostrada tirrenica fra Grosseto e Civitavecchia o alla variante della Tremezzina sul Lago di Como),
  • le prospettive di acquisizione di importanti volumi di traffico (si pensi negli ultimi anni al traffico che utilizza le autostrade BreBeMi e Pedemontana, ben al dì sotto delle previsioni fatte, che prospettavano un positivo bilancio costi/benefici per le due arterie).


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