La sostenibilità nel settore tessile. Dieci punti di vista
Quando si parla di settore tessile, oggi, è impossibile non parlare – anche – di sostenibilità, concetto che è sulla bocca di tutti, e che è considerato da tutti imprescindibile, per un settore che è sempre stato storicamente tra i più inquinanti. Ma ci sono tante sfumature e molti elementi di complessità, e tra gli addetti ai lavori le riflessioni sul problema e i modi di percepirlo sono diverse. Negli ultimi anni sul Datasys Magazine e sul Datatex Magazine abbiamo raccolto moltissimi pareri sull’argomento; ne selezioniamo qui dieci – tra i tanti – per offrire dieci punti di vista che ci sembrano particolarmente interessanti, dieci opinioni di addetti ai lavori che possiamo considerare rappresentative dello stato dell’arte sul piano della sostenibilità e del modo di viverla nel settore tessile. Si tratta di citazioni tratte da interviste più ampie; chi vuole approfondire, e leggere le interviste complete, trova – in apertura di ogni citazione – il link corrispondente. Chi invece vuole leggere le interviste su carta, ricevendo gratuitamente le edizioni cartacee del Datasys Magazine e del Datatex Magazine, può scrivere a info@datasys.it.
1) STEFANO DOTTI (Università di Bergamo – Docente di “Tecnologie per il design dei tessuti”) – LINK ALL’INTERVISTA COMPLETA: http://magazine.datasys.it/lindustria-tessile-tradizione-e-innovazione/
“(…) nel campo dell’ecologia e della ricerca di soluzioni eco-sostenibili nel settore tessile, l’impegno da parte di molte aziende è un dato di fatto, ed è sicuramente un fenomeno positivo. La questione è capire se questo impegno è realmente efficace e se sta portando in concreto a dei risultati tangibili. C’è un problema di fondo che è ineludibile ed è quello dei costi. Produrre in modo ecologico e proporre filati e tessuti innovativi e sostenibili significa – inevitabilmente – offrire sul mercato dei prodotti più impegnativi e più costosi. E com’è la risposta del mercato? In astratto (a parole) è positiva, ma concretamente le cose cambiano. In occasione dell’edizione 2019 di Filo, il celebre salone internazionale dei filati e delle fibre che si tiene ogni anno a Milano, ho avuto modo di parlare con diversi imprenditori su questi argomenti, e il quadro che ne è emerso è molto chiaro: i clienti mostrano interesse per il tema dell’ecologia nel tessile e danno dei giudizi assolutamente lusinghieri sulle proposte che vanno in questa direzione, ma in concreto poi non si “fidano”, non vogliono rischiare con articoli troppo impegnativi, acquistano quasi totalmente i prodotti tradizionali, e l’offerta relativa ai filati eco-sostenibili arriva a coprire non più del 5% del fatturato dell’azienda che li propone. La buona volontà c’è e le idee non mancano, ma al lato pratico – se non c’è una reale disponibilità da parte dei consumatori finali a spendere di più per ragioni etiche legate alla questione ecologica (e al momento questa disponibilità non c’è) – l’impatto di tutti questi discorsi resta nei fatti molto limitato. E poi esiste anche un altro aspetto critico, che interviene a complicare ulteriormente il quadro: non sempre la ricerca sulle fibre vegetali riciclate e sui nuovi prodotti ecologici porta ai risultati qualitativi auspicati (talvolta i filati e i tessuti non soddisfano i requisiti necessari per essere proposti sul mercato). I segnali positivi non mancano (per esempio c’è chi sta proponendo al consumatore di restituire i propri jeans usati, che vengono poi trasformati in pullover). Le idee – lo ripeto – non mancano. Il problema è renderle efficaci. (…)“
2) PAOLO TORELLO-VIERA (Partner and Senior Advisor CDI GLOBAL, ex CEO del Lanificio Cerruti) – LINK ALL’INTERVISTA COMPLETA: http://magazine.datasys.it/lanificio-cerruti-stile-italiano-dal-1881/
“(…) oggi tutti parlano di sostenibilità, che è probabilmente il nome più abusato e più torturato del mondo tessile. Di recente un personaggio di spicco molto importante del nostro mondo mi ha detto che quando un’azienda tessile è in crisi o non ha caratteristiche forti di prodotto e di brand su cui puntare, tira in ballo la “sostenibilità” per darsi un tono e per avere maggiore visibilità. Non è sempre così, naturalmente, in alcuni casi c’è anche della sostanza, ma troppo spesso c’è soltanto forma, marketing, moda, comunicazione. Questo non significa – sia chiaro – che non ci dobbiamo impegnare per rendere più ecologiche le tessili. Quello che intendo dire è che la sostenibilità – portata avanti concretamente, sul territorio – dovrebbe essere semplicemente un dovere, non un fenomeno mediatico o una moda passeggera. Penso che la sostenibilità debba diventare sempre di più un dovere e un impegno concreto e sempre di meno un fenomeno di marketing, e che le autorità e gli enti preposti debbano prendere in mano la situazione (dal punto di vista delle regole e dei controlli) per evitare che tutto questo parlare in termini ecologici si trasformi alla fine in una gigantesca presa in giro. (…)“
3) DAVOR SABOLIC (General Manager Čateks) – LINK ALL’INTERVISTA COMPLETA: http://magazine.datasys.it/cateks-tessuti-tecnici-croati-dal-1874/
“(…) negli ultimi anni la Commissione europea ha puntato molto sulla regolamentazione in senso ecologico della produzione industriale in ambito Ue. Noi rispettiamo le regole e abbiamo dunque adattato la nostra produzione di conseguenza. Ma c’è un problema: produrre in modo eco-sostenibile ha un costo, e molti clienti non sono disposti a pagare prezzi più alti per i prodotti “verdi”. La conseguenza non è difficile da indovinare: le regole ecologiche imposte alle aziende tessili europee finiscono con il favorire chi produce al di fuori dell’Unione Europea, non rispetta nessuna regola in termini di tutela dell’ambiente e può vendere a prezzi inferiori anche sui mercati Ue. Questa situazione va cambiata. Le aziende tessili europee hanno fatto un grande sforzo per le generazioni future, e anche da parte nostra c’è stato e c’è il massimo impegno nella riduzione dell’impatto ambientale, ma le istituzioni politiche devono fare in modo che il prezzo di questa transizione a un’industria più ecologica non sia pagato soltanto dagli imprenditori. Sul mercato bisogna fare innanzitutto profitti, e non può essere lasciato alle aziende il compito di cambiare la coscienza e la mentalità delle persone. (…)“
4) PRABIR JANA (Shahi Chair Professor Industry 4.0 NIFT – National Institute of Fashion Technology – New Delhi – India) – LINK ALL’INTERVISTA COMPLETA: http://magazine.datasys.it/tessile-e-abbigliamento-sguardi-sul-futuro/
“(…) una cosa è certa: sostenibilità e circolarità domineranno ogni settore nell’economia globale. Le filiera del tessile e dell’abbigliamento hanno una natura fortemente globalizzata, e dunque l’impatto su questo settore sarà maggiore che in altri. Fenomeni come re-shoring on-shoring, near-shoring e produzione locale saranno centrali nel settore del tessile e abbigliamento del futuro, e molti business trasferiti all’estero torneranno nei Paesi di origine. Inoltre le generazioni future seguiranno la filosofia 3R: ridurre, riciclare e riutilizzare, e certamente saranno più attente all’ambiente rispetto alle generazioni dei loro genitori e nonni. Esisteranno due tipi di consumatori: quelli che crederanno nella lentezza, nella riduzione del consumo pro capite e nel riutilizzo della merce; quelli “consumistici”, che continueranno ad abbuffarsi nella moda veloce. Ma complessivamente si punterà sempre di più su prodotti sostenibili, riciclati e prodotti senza emissioni di carbonio. Ogni marchio globale dovrà garantire di essere sostenibile al 100% nel prossimo futuro, e la sfida maggiore sarà di tipo tecnologico: rendere effettivamente disponibile un volume così enorme di materiale riciclato. La tecnologia su questo fronte è ancora allo stadio nascente, è oggi fuori dalla portata del mondo in via di sviluppo (dove è attualmente fabbricato molto dell’abbigliamento venduto nel mondo), e potrebbe creare una barriera-non tariffaria di approvvigionamento per il mondo in via di sviluppo verso il mondo sviluppato a breve e medio termine.
Sebbene la natura ad alta densità di manodopera dell’industria manifatturiera dell’abbigliamento abbia aiutato a viaggiare attraverso continenti e Paesi negli ultimi quattro decenni alla ricerca di “manodopera a basso costo”, lo scenario sarà leggermente diverso nel caso della Cina e dell’India. A differenza di altri Paesi con meno popolazione (che possono permettersi di vestire la propria popolazione importando abbigliamento), Cina e India continuano a conservare una parte considerevole dell’industria manifatturiera per vestire la propria popolazione. Un fattore che sarà cruciale ma imprevedibile sarà il sentimento delle nuove generazioni. Mentre la caduta di M&S è stata in parte attribuita a una generazione di giovani britannici non patriottica, meno leale e attenta allo sconto, solo il tempo dirà come si comporteranno i consumatori del futuro.
L’industria tessile e dell’abbigliamento globale sta già esaurendo la sua capacità: stiamo producendo più vestiti di quanti ne possiamo consumare, e non potrà essere così in eterno. Il consumo pro capite di prodotti tessili nei Paesi a più alto reddito diminuirà, mentre quello del gruppo a basso reddito aumenterà ma leggermente. Con la crescita della popolazione mondiale solo dell’1% all’anno, ritengo – onestamente – che non vi sia molto spazio ulteriore per l’espansione complessiva del settore.
Ogni area geografica, che si tratti di Europa, Nord America, Medio Oriente, Asia o Africa, avrà la sua quota di produzione localizzata, e si diffonderà il concetto di micro fabbrica abilitata alla produzione su richiesta. La quota tradizionale della produzione standard si ridurrà per creare spazio alla produzione su ordinazione, e la produzione in serie sarà sostituita da una sorta di “personalizzazione di massa. (…)”
5) TIZIANA BONACINA (CFO Imprima Group) – LINK ALL’INTERVISTA COMPLETA: http://magazine.datasys.it/imprima-la-holding-italiana-della-stampa-tessile/
“(…) oggi essere ecosostenibili, nel settore tessile, è importante sul piano etico ma è anche imprescindibile per essere competitivi. I nostri clienti ci chiedono sempre di più dei tessuti ecosostenibili e una tracciabilità lungo tutta la filiera. Imprima Group ha investito molto su questo fronte, anche di recente. Nello stabilimento di Lonate, per esempio, è stato collaudato recentemente un nuovo depuratore del valore di circa un milione e mezzo di euro. (…)“
6) MASSIMO MARCHI (Presidente Marchi & Fildi S.p.a. / Filidea) – LINK ALL’INTERVISTA COMPLETA: http://magazine.datasys.it/marchi-e-fildi-la-grande-industria-filati/
“(…) poi c’è un altro tema che oggi è centrale e imprescindibile nel nostro settore: la sostenibilità. Il tessile è storicamente la seconda industria più inquinante del mondo dopo quella petrolchimica ma le cose possono cambiare, e l’ecologia è un ambito nel quale abbiamo investito e continuiamo a investire molto. Abbiamo pannelli solari in tutte le nostre sedi, abbiamo ridotto del 30% i consumi di energia con nuovi macchinari, e utilizziamo il 40% in meno di acqua (che viene dai nostri pozzi) rispetto alle tintorie tradizionali del settore. Inoltre abbiamo un marchio di filati ecosostenibili – Ecotec – che rappresenta una linea di produzione al 100% Made in Italy e che si fonda esclusivamente sul riutilizzo e sulla trasformazione in filati di ritagli tessili di cotone pre-tinti provenienti dalla confezione, dunque pre-consumer. Il progetto Ecotec parte nel 2003, negli ultimi anni lo stiamo “spingendo” molto e abbiamo creato anche un sito specifico dedicato (ecotecproject.com). Con Ecotec Smart Cotton proponiamo filati che mantengono la qualità e la sicurezza chimica e che consentono risparmi da record rispetto alla produzione di cotone convenzionale: fino al 77,9% in meno nell’utilizzo di acqua, fino al 53,6% in meno nelle emissioni di CO2 e fino al 56,6% in meno nel consumo di risorse energetiche. (…)“
7) FERDINANDO BOTTO POALA (CEO Botto Giuseppe e Figli S.p.a.) – LINK ALL’INTERVISTA COMPLETA: http://magazine.datasys.it/botto-giuseppe-fibre-naturali-dal-1876/
“(…) quello della sostenibilità è un tema strategico nel mondo tessile, e certamente non può essere eluso da chi come noi lavora su prodotti di alta gamma. Non si può parlare di “lusso” oggi senza una green vision, e non si può parlare di alta qualità – nell’alta moda – se non c’è al tempo stesso un impegno dal punto di vista ecologico. Chi lavora per il mercato del lusso oggi viene percepito – e giustamente – come obsoleto e inadeguato, se non investe risorse per il risparmio energetico e la riduzione dell’inquinamento. La Botto Giuseppe, negli ultimi anni, ha investito diversi milioni di euro su questo fronte, ottenendo risultati concreti e tangibili. Nella nostra sede centrale – lo stabilimento di Valle Mosso, vicino a Biella – abbiamo fatto parecchi interventi sul piano del risparmio energetico, della produzione elettrica da fonti rinnovabili, della cogenerazione e dell’ottimizzazione dei processi produttivi. Ne cito solo alcuni: l’installazione degli inverter sugli impianti di condizionamento, la creazione di un impianto di cogenerazione, l’installazione di compressori di ultima generazione, l’ammodernamento delle centrali di pompaggio e dei bruciatori, l’introduzione di lampade a led, il recupero termico dalla rievaporazione condense, l’installazione di recuperatori sui camini delle caldaie, il recupero e il riutilizzo dell’acqua di raffreddamento dei compressori, l’installazione del controllo in continuo della combustione sui generatori di vapore, l’installazione di una microturbina che sfrutta il salto idraulico tra l’opera di presa acqua industriale posta a 70 metri al di sopra dello stabilimento e le vasche di accumulo a servizio dei reparti.
Per quanto riguarda invece il nostro stabilimento di Tarcento, in Friuli, voglio segnalare, tra i tanti interventi fatti: l’ammodernamento della centrale idroelettrica a servizio dello stabilimento, l’installazione dei pannelli fotovoltaici sui tetti dello stabilimento, il miglioramento degli impianti di condizionamento, il contenimento delle perdite di aria compressa, l’installazione di lampade a Led, la sostituzione della vecchia caldaia con una nuova caldaia a condensazione, l’installazione di una turbina che recupera l’acqua scaricata per mantenere il deflusso minimo vitale sul torrente Torre. E abbiamo perfino provato a creare una centrale ad olio vegetale, anche se si è rivelata purtroppo inadatta per le nostre caratteristiche produttive e per le nostre esigenze.
Il risultato di tutti questi interventi è che la Botto Giuseppe, oltre ad avere ridotto complessivamente di oltre il 30% le emissioni, è oggi un’azienda che utilizza energia elettrica fornita praticamente al 100% da fonti rinnovabili e cogenerazione. Credo di poter dire che dal punto di vista ecologico la nostra parte la stiamo facendo, e che siamo anzi ad oggi un’azienda all’avanguardia su questo fronte. Resta il fatto – me lo lasci dire – che se si vuole cambiare davvero paradigma, non può ovviamente bastare l’impegno delle singole aziende. È il sistema del tessile/moda nel suo complesso che andrebbe rivoluzionato, perché il meccanismo attuale (consumo smodato – fast fashion – vita brevissima dei prodotti – sprechi continui e fuori controllo) non consente di avere sostenibilità ambientale. È chiaro che se un sistema si basa sulla produzione ogni anno di nuove collezioni che andranno poi sprecate per il 70%, c’è evidentemente qualcosa che non funziona, nell’insieme. E non è un problema dell’una o dell’altra azienda, è un problema generale. Se si vuole davvero intraprendere la strada della sostenibilità è necessario fare delle riflessioni molto più ampie e profonde, bisogna avere il coraggio di mettere in discussione l’attuale meccanismo globale di funzionamento del settore tessile. (…)“
8) ALDO BOSELLI (Boselli & C. Spa) – LINK ALL’INTERVISTA COMPLETA: http://magazine.datasys.it/boselli-tessuti-a-como-dal-1898/
“(…) quello dell’ecologia (nel mondo tessile e in generale) è stato per molto tempo un argomento più di marketing che di sostanza, ma oggi sta diventando anche un tema concreto. Il diffondersi di immagini delle isole di plastica negli oceani o delle balene spiaggiate con lo stomaco pieno di plastica stanno contribuendo – dopo anni di sole chiacchiere – al diffondersi di una sensibilità ecologica vera e reale nelle persone e nelle aziende.
Per Boselli il tema dell’ecologia ha a che fare essenzialmente con la questione del riciclo. Il poliestere riciclato è talmente simile a quello vergine che è praticamente impossibile distinguerli, e già oggi noi lavoriamo in parte con materiale riciclato. In linea teorica potremmo fare tutto con poliestere riciclato, ma è chiaro che ci vorranno anni per arrivare a un traguardo di questo genere. Questa comunque è la strada ideale.
Poi c’è tutto un discorso che si potrebbe aprire sul tema della ricerca di nuovi materiali a minore impatto ambientale, che però è un discorso molto più complesso di quanto si possa pensare. Noi abbiamo fatto un tentativo con una materia prima che deriva dal mais, ma non ha funzionato per due motivi: in primo luogo non riuscivamo a raggiungere gli standard qualitativi che il marchio Boselli richiede; in secondo luogo c’era chi obiettava che utilizzare il mais per produrre tessuti avrebbe potuto comportare – come soluzione diffusa adottata nel mondo tessile – delle criticità sul fronte della distribuzione di cibo e del problema della fame nel mondo. A un certo punto ci siamo dunque fermati su questo fronte, e abbiamo messo in primo piano – dal punto di vista del nostro impegno in ambito ecologico – il solo tema del riciclo del poliestere. (…)“
9) Mr S. P. OSWAL (Chairman and Managing Director – Vardhman Group) – LINK ALL’INTERVISTA COMPLETA: http://magazine.datasys.it/vardhman-group-filati-e-tessuti-dellindia/
“(…) su questo fronte l’impatto del settore tessile e moda è di ampia portata, e tutti i comparti dovrebbero affrontare le questioni ambientali e sociali e impegnarsi per garantire uno sviluppo sostenibile. In Vardhman lavoriamo costantemente e con senso di responsabilità per ridurre le emissioni inquinanti.
La sostenibilità è un parametro fondamentale per tutte le nostre decisioni aziendali, all’approvvigionamento etico delle materie prime alla riduzione, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti, dalla riduzione dei consumi di acqua dolce all’utilizzo di fonti energetiche pulite, fino alla questione dell’eliminazione delle sostanze chimiche pericolose.
Le principali iniziative Green intraprese da Vardhman sono, in sintesi, le seguenti:
ACQUA
– 52 sistemi di raccolta dell’acqua piovana con una capacità di ricarica annuale di 1,75 milioni di KL
– 9 STP e 3 ETP, di cui due sono impianti a scarica zero-liquido perfettamente funzionanti con una capacità di 8.800 KLD e una percentuale di recupero dell’acqua del 99% con trattamento chimico zero
– Riutilizzo al 100% dell’acqua trattata con STP nell’impianto di lavorazione dei tessuti Vardhman
– 0,81 milioni di KL di acqua grezza risparmiata utilizzando acque reflue trattate per attività non di processo
– 3,19 milioni di KL di acque reflue trattate ogni anno nei nostri ETP
– Il 36% dell’acqua trattata viene riciclata nell’ambito del nostro processo
– Collaborazione con GAP e cKinetics
ENERGIA
– Risparmio del 29% nel consumo totale di energia ottenuto presso Vardhman Fabrics rispetto all’obiettivo notificato del 5,77% ai sensi del PAT-1
– 63.000 tonnellate / anno Riduzione delle emissioni di carbonio raggiunta dai tessuti Vardhman
– Audit energetici periodici per un miglioramento continuo
– 10 unità del Gruppo Vardhman sono registrate nello Schema PAT e certificate come E-cert
– 60 MW di capacità delle centrali elettriche in cattività interne in 3 località
– Utilizzo di fonti alternative di energia – Sistema di energia solare e impianti di biogas, oltre a utilizzare la buccia nelle caldaie
– Sostituite le lampade al vapore di sodio con luci a LED
– Vardhman finora ha piantato alberi da 2,80 lac
RIFIUTI SOLIDI
– Smaltimento responsabile di rifiuti pericolosi e non pericolosi a fornitori autorizzati dal governo
– Maggiore riutilizzo del foglio di polietilene ad alta densità (HDPE) negli imballaggi per pallet dal 50% al 95% per ridurre il consumo di plastica
SOSTANZE CHIMICHE
– Lavorare con enti globali come CHEM-IQSM, ZDHC InCheck & Gateway, CleanChain, Clean by Design
– Potenziamento enzimatico potenziato per sostituire l’ingrandimento chimico
– Sbiancamento al cloro eliminato e optato per il candeggio al 100% perossido. (…)“
10) ANDREA ONGETTA (CEO Ongetta Srl) – LINK ALL’INTERVISTA COMPLETA: http://magazine.datasys.it/ongetta-la-torcitura-della-seta/
“(…) chiariamo subito una cosa: i nostri investimenti sul fronte ecologico sono legati al fatto che crediamo fortemente nel rispetto dell’ambiente, e non rispondono a una logica di calcolo economico. Anche perché è di tutta evidenza che sul breve termine minimizzare l’impatto ambientale è molto più un onere che un beneficio, e determina dei costi che nell’immediato non sono bilanciati da un aumento dei ricavi. Ciò detto, sono convinto che sul medio e lungo termine la nostra politica aziendale di tipo ecologico ci porterà anche dei vantaggi in termini economici, perché la sensibilità sta cambiando, il rispetto dell’ambiente è un tema considerato fondamentale da un numero crescente di persone, e quindi verranno premiate sul mercato quelle aziende che sono maggiormente ecosostenibili, ed è chiaro che chi ha iniziato in anticipo a investire nella riduzione dell’impatto ambientale sarà favorito rispetto a chi dovrà improvvisare delle politiche aziendali che fino a quel momento aveva totalmente evitato. (…)“